Mancano medici e operatori sanitari, ma anche segretarie e assistenti di direzione, tecnici specializzati, macchinisti, addetti alle vendite e alla contabilità. Servono sempre addetti alle vendite e addetti per la ristorazione e il turismo, ma anche educatori/formatori sono richiesti dal mercato e non si trovano. Sono queste le 10 professioni richieste in Italia e che sono difficilmente reperibili secondo un’indagine pubblicata da Manpower. L’indagine fornita dalla principale azienda mondiale di risorse umane basa i suoi dati sui risultati ottenuti confrontandosi con 41mila responsabili risorse umane in 42 paesi.
La fotografia offerta dalle professioni più richieste nel nostro Paese ci indica che una ripresa dei settori industriali è in corso. Sono soprattutto le professionalità capaci di portare competenze tecniche e specifiche di settore le più richieste. Tecnici specializzati e macchinisti (coordinatori e regolatori di processi produttivi) non avrebbero problemi a trovare un’occupazione. La crescita dell’età media e lo sviluppo dei servizi comuni trascina la domanda per medici e assistenti sanitari. Anche il settore turistico e della ristorazione mantiene un buon trend di crescita e sviluppa una costante domanda di addetti con una formazione specifica.
Colpisce la richiesta di educatori e formatori. Certo, vi è una crescita della formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa e si moltiplicano le occasioni di impiego per chi ha la vocazione a formare ed educare altri trasmettendo conoscenze di base e specialistiche. Viste però le proteste di questi giorni per le mancate assunzioni di precari da concorso pubblico potremmo immaginare che vi sia un’offerta di lavoro in eccedenza, ma pare non rivolgersi al mercato privato. Si vuole il posto garantito dallo Stato, ma non si cerca il lavoro dove c’è.
Se guardiamo i dati dal lato imprese, il nostro Paese non è fra i peggiori. Il 28% delle imprese italiane lamentano difficoltà a trovare le professionalità con le giuste competenze. Nel mondo è il 38% delle imprese che denuncia lo stesso problema. La maglia nera risulta il Giappone, con ben l’83% delle imprese che denuncia uno scarto fra professionalità richieste e formazione dei candidati all’occupazione. Il dato italiano è peraltro un buon successo perché registra un calo del 6% rispetto all’indagine precedente.
Tornando però alla classifica dei “lavoratori scarsi” emerge che non sono solo le competenze specialistiche a pesare nella difficoltà a trovare inserimento. La ricerca sottolinea come molto spesso manca il giusto mix fra competenze tecniche (hard skills) e competenze trasversali (soft skills). Ciò significa che mancano le esperienze plurime, diciamo le esperienze non curriculari che contano molto per costruire una propria personalità. Purtroppo nel nostro Paese esperienze lavorative ed esperienze formative non in ambito lavorativo sono scarsamente diffuse durante il periodo di vita scolastica.
Ricordate gli obiettivi di Garanzia Giovani? Forse potevano essere utili per aumentare l’occupabilità di molti giovani disoccupati che sommano all’assenza di esperienze lavorative anche l’assenza di esperienze nel volontariato o in ambito di crescita collettiva. Ciò è tanto più vero in quanto un’altra difficoltà denunciata dalle imprese è di trovarsi con persone che non hanno esperienze pregresse. La mancanza di percorsi scuola-lavoro definiti e l’assenza di contratti di inserimento pesano molto nel rendere meno competitivi i giovani che entrano nel mercato del lavoro. L’avvio dei nuovi contratti previsti dal Jobs Act potrà incidere nel futuro, ma il quadro registrato dalla ricerca fotografa come verso i giovani vi siano state colpevoli assenze dalla politica nel non prevedere percorsi di inserimento lavorativo e nel non programmare percorsi formativi adeguati alla domanda di lavoro creata dalle trasformazioni economiche.
È vero che il sistema produttivo italiano è ancora arretrato nei processi di informatizzazione , molto spesso però per lavori di back office o di segreteria la difficoltà nasce dalla scarsa conoscenza delle lingue, a partire dall’inglese, che pesa per oltre un quarto delle possibilità di lavoro per queste specifiche figure professionali.
Uno sviluppo delle capacità di orientamento nella scelta dei percorsi formativi sarà utile per migliorare l’incontro tra figure professionali richieste dalle imprese e lavoratori alla ricerca di nuove opportunità. La capacità delle Agenzie per il lavoro di essere attori nella crisi chiede però anche a loro di svolgere al meglio il ruolo di accompagnamento dei lavoratori disoccupati nell’acquisizione delle competenze richieste dal mercato. Diventando protagonisti di una nuova fase delle politiche attive del lavoro, le Apl possono esercitare il ruolo di operatori del mercato del lavoro sia nelle fasi di crescita del mercato, sia durante le fasi di difficoltà. Opererebbero così nel sostenere la capacità del mercato di offrire tutta l’occupazione possibile rendendo più efficiente il nostro mercato del lavoro, che è stato a lungo uno dei peggiori.
Oggi vediamo i primi risultati della riforma nei contratti di lavoro. Anche i dati di aprile delle Comunicazioni obbligatorie indicano una crescita dei contratti a tempo indeterminato. Se tale crescita si confermerà nel tempo avremo un lavoro più stabile e il superamento del dualismo che pesava fra lavoratori tutelati e non tutelati. La miglior tutela però, come indicato nella ricerca, risiede nel prevedere una buona professionalità e competenze personali trasversali. Per questo servono un buon mercato del lavoro, una buona scuola e la responsabilità di tutti di mettersi continuamente in gioco.