Il livello di disoccupazione giovanile rimane molto alto in diversi Stati europei. Tuttavia, specialmente negli ultimi anni, si è registrata, generalmente, una maggiore consapevolezza sulle conseguenze sociali ed economiche connesse al fatto di rimanere troppo a lungo fuori dal mercato del lavoro.

Nell’Europa di oggi, infatti, è molto difficile per i giovani trovare il proprio posto nel mondo del lavoro. La promozione di una maggiore partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è diventata così una priorità strategica dell’Unione. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’iniziativa “Opportunità per i giovani” del 2011 e al “pacchetto per l’occupazione giovanile” che ha portato all’introduzione, a partire dalla direttiva del 2013, di una “Garanzia per i giovani” in tutti gli Stati membri.



In questo contesto, la promozione dell’imprenditorialità giovanile e la creazione di un’Europa più favorevole, in generale, agli imprenditori è diventata una priorità nell’agenda politica comunitaria, con la consapevolezza tuttavia, che il lavoro autonomo e l’imprenditorialità non possano costituire, da soli, una panacea per risolvere i grandi problemi connessi alla disoccupazione dei giovani (ma non solo).



Solo una minoranza di giovani ha, infatti, le giuste competenze, idee e caratteristiche personali per avviarsi in questo percorso. Tuttavia, creare un’Europa più favorevole alle imprese, anche per aiutare i giovani a trasformare le proprie idee creative in piani aziendali di successo, rimuovendo molti degli ostacoli ora presenti, comporta certamente numerosi benefici ed è auspicabile che la Commissione Juncker si muova con forza in questa direzione.

In questa prospettiva, pochi giorni fa, Eurofound, la fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ha pubblicato un interessante report sull’imprenditorialità giovanile andando ad analizzarne gli aspetti connessi ai valori, alle attitudini e alle politiche che sono, o potrebbero essere, messe in campo per promuoverla.



Si registra così che, nonostante l’elevato interesse delle politiche nell’imprenditorialità giovanile, solo una piccolissima minoranza di giovani ha optato per il lavoro autonomo nel 2013 (il 6,5% dei cittadini compresi tra i 15 e i 29 anni – 2,7 milioni di individui). Se si opera un’analisi tra i diversi Stati membri si notano, inoltre, differenze significative. Ad esempio, la percentuale di lavoro autonomo giovanile oscilla tra il 15% (o più) in Italia e in Grecia e il 3% (o addirittura meno) in Germania, la “locomotiva dell’Europa”, e in Danimarca. 

Questo dato ben rappresenta, quindi, le differenze attualmente esistenti in termini di ostacoli/opportunità per la creazione di nuove imprese, ma anche le diverse condizioni dei mercati del lavoro nazionali. Vieni così da chiedersi se i giovani italiani, tutti novelli “Steve Jobs”, optino per il lavoro autonomo (peraltro da capire quanto di questo sia realmente tale) e per l’autoimprenditorialità per una scelta consapevole o perché costretti da un mercato del lavoro incapace di offrire reali opportunità a questi ragazzi. 

Anche su questo, già dai prossimi mesi, si misurerà, quindi, l’efficacia delle scelte adottate dall’esecutivo in materia di Garanzia Giovani e, più complessivamente, di mercato del lavoro (leggi alla voce “Jobs Act”). E speriamo sia #lasvoltabuona. 

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