Come ormai ben noto, il Jobs Act, che non è solo l’articolo 8, tratteggia un nuovo sistema di promozione e tutela del lavoro (la via italiana alla flexicurity) che incide sul versante sulle politiche attive e passive, su quello, fin troppo noto, della disciplina dei rapporti di lavoro e sulle misure di conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro.
Con specifico riferimento alle misure di integrazione al reddito in costanza di lavoro (cassa integrazione guadagni e contratti di solidarietà), il legislatore prevede l’impossibilità di autorizzare, a differenza che in passato, le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva di attività aziendale o di un ramo di essa; semplifica le procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati a livello nazionale di concessione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili; evidenzia la necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà; rivede i limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria e della cassa integrazione guadagni straordinaria, individuando alcuni meccanismi di incentivazione della rotazione.
La stessa riforma, inoltre, prevede una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici, riduce gli oneri contributivi ordinari rimodulando gli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo, rivede l’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei fondi di solidarietà (già previsti dalla cosiddetta “Riforma Fornero”) fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi, anche attraverso l’introduzione di meccanismi standardizzati di concessione, e prevedendo la possibilità di destinare gli eventuali risparmi di spesa alla revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà.
In questo quadro è di pochi giorni fa la presentazione del periodico rapporto da parte dell’Inps, con dati aggiornati a ottobre 2016, su Cassa integrazione guadagni e disoccupazione che si focalizza, in particolare, sui numeri relativi alle ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale. Emerge così che nel mese di ottobre 2016 il numero di ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate è stato pari a 43,5 milioni, in diminuzione di ben il 32,9% rispetto allo stesso mese del 2015 (64,9 milioni).
Nel dettaglio, le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate a ottobre 2016 sono state 9,0 milioni. Un anno prima, nel mese di ottobre 2015, erano state 14,2 milioni: di conseguenza, la variazione tendenziale è pari al -36,7%. Il numero di ore di cassa integrazione straordinaria autorizzate a ottobre 2016 è stato, altresì, pari a 31,5 milioni, registrando una diminuzione pari al 16,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (7,9 milioni di ore autorizzate). Gli interventi in deroga sono stati, infine, pari a 3,0 milioni di ore autorizzate a ottobre 2016, registrando un decremento del 76,2% se raffrontati con ottobre 2015, mese nel quale erano state autorizzate addirittura 12,8 milioni di ore.
I numeri sono, insomma, molto lontani da quelli registrati durante gli anni della crisi. Si pensi, in particolare, al ricorso a quella forma “atipica” di Cig che è quella in deroga. Se certo un tweet, o un rapporto, non fa primavera, c’è da auspicare che questi numeri siano confermati anche nei prossimi mesi. Questo significherebbe che, probabilmente e finalmente, il nostro Paese ha svoltato e abbandonato la strada, percorsa per troppi anni, della crisi.