Il Def (Documento di economia e finanza) per il 2016, approvato in CdM solo pochi giorni fa, nel descrivere il quadro economico generale in cui questo documento si pone non può, ovviamente, esimersi da una, seppur breve, analisi delle dinamiche che stanno attraversando il nostro mercato del lavoro e degli effetti che il Jobs Act ha prodotto e/o sta producendo su questo. Il ministero dell’Economia propone, quindi, una prima stima dell’impatto di queste a partire da quelle, realizzate dall’Istat, già disponibili a febbraio 2016.
In particolare emerge che le recenti misure di riforma nel mercato del lavoro (nel suo complesso) risultano aver avuto, certamente, un peso rilevante nella scelta di operare nuove assunzioni. Infatti, Il 50,2% delle imprese manifatturiere e ben il 61,1% di quelle dei servizi attribuiscono la scelta di aver ampliato i propri organici alla possibilità di godere della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. Sembra, inoltre, essere stato significativo anche l’impatto dell’introduzione del “nuovo” contratto a tempo indeterminato “a tutele crescenti”, che avrebbe convinto ad assumere il 35,1% delle imprese manifatturiere e il 49,5% di quelle dei servizi. Alla fine, la riduzione dell’Irap è citata come fattore rilevante rispettivamente dal 19,6% delle imprese manifatturiere e dal 39,0% di quelle dei servizi.
Un opportuno focus è, tuttavia, dedicato nel Def ai dati sull’esonero contributivo. Si scopre così che dei 2,5 milioni di attivazioni o trasformazioni a tempo indeterminato registrate dall’Inps nel 2015, 1,5 ha beneficiato dell’esonero contributivo, con un’incidenza del 63,3% e che circa il 40,5% di queste assunzioni “agevolate” si è concentrato nell’ultimo trimestre 2015, nel quale l’incidenza dell’incentivo ha raggiunto il 73,8% con un massimo (in una sfrenata corsa contro il tempo) dell’84,2% a dicembre.
La maggior parte delle nuove assunzioni sovvenzionate ha, inoltre, riguardato il Sud e le Isole (30,6% sul totale), seguito dal Nord-Ovest (27,2%) e dal Centro (22,6%). Un dato che può sorprendere, ma che potrebbe essere sintomo di un fenomeno di “emersione” di lavoro, ahimè, troppo spesso, grigio se non addirittura nero che caratterizza il nostro Mezzogiorno.
Il Def si sofferma, quindi, opportunamente, su alcune prime evidenze sugli effetti della riduzione degli sgravi contributivi (riproposti in versione “light”) nel 2016. Questa nuova formulazione dell’incentivo si teme, infatti, potrebbe determinare, almeno nella prima parte del 2016, un’attenuazione dei risultati positivi registrati a fine 2015. I dati, sebbene parziali, relativi a gennaio 2016 vanno proprio in questa direzione, segnalando un indebolimento della spinta verso i “nuovi” contratti a tempo indeterminato.
Anche quei pericolosi “gufi” del ministero dell’Economia registrano, insomma, che la svolta tanto annunciata ancora non c’è e che il Jobs Act senza incentivi stenta a decollare. Sarebbe opportuno che anche il Premier ne prendesse, serenamente, atto e che, già dalle prossime settimane, peraltro elettorali, lavorasse per definire insieme alle migliori energie del Paese, e le sue Parti sociali, un serio Piano industriale che immagini l’Italia del 2050.