Come ormai ben noto, l’implementazione, anche nel nostro paese, della Garanzia Giovani origina da una Raccomandazione della Commissione europea (aprile 2013) che si proponeva di contrastare l’inattività giovanile e di favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, aumentandone, prima di tutto, l’occupabilità. 



L’Europa invitava, quindi, i vari Stati Membri a porre in essere tutte quelle possibili azioni volte a garantire che tutti i giovani tra i 15 e i 24 anni ricevessero, entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale, un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio (extra-curriculare).



In questo quadro l’Italia è stato, ahimè, il Paese che, dopo la Spagna, ha visto assegnata la quota più consistente delle risorse dell’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, il fondo europeo specificamente destinato a sostenere i giovani Neet(Not in Education, Employment or Training).

Il Rapporto sulla Garanzia Giovani in Italia, pubblicato solo pochi giorni fa dall’Isfol, prende, quindi, in esame i risultati dei primi due anni di sperimentazione del programma, partito ufficialmente, con un forte significato simbolico, il primo maggio del 2014 con l’apertura di un apposito sito web per informare i giovani sulle opportunità offerte e sui requisiti per l’accesso, consentendo anche la registrazione diretta al programma.



Si evidenzia così come al 31 marzo 2016 si erano registrati al programma oltre un milione di giovani. Un dato che, una volta depurato delle cancellazioni per mancanza di requisiti o ripensamenti, porta il numero dei giovani registrati a, comunque, oltre 982 mila. Un numero che, in ogni caso, se confrontato con il bacino potenziale, inizialmente stimato in circa 1,7 milioni di giovani, mostra quindi come a tale data il tasso di copertura fosse, solamente, del 57%.

I numeri di Isfol segnalano, inoltre, come, dopo una partenza particolarmente lenta, oggi un terzo dei ragazzi che hanno ricevuto un intervento del programma abbia trovato lavoro a un mese della conclusione del percorso, mentre dopo tre mesi la percentuale degli occupati sale al 40%, e, dopo sei mesi, al 43%.

Emerge poi come il tirocinio sia stata la misura più utilizzata in Garanzia Giovani, ma il dato più interessante è che circa il 36,6% di coloro che lo ha completato entro il 31 marzo 2016 risulta avere un rapporto di lavoro subordinato al 30 aprile 2016. In un caso su cinque il datore di lavoro ha, infatti, usufruito di un bonus occupazionale messo a disposizione dal programma.

Dai dati emerge, insomma, un quadro complessivamente con luci e, ancora troppe, ombre. Ancora troppi giovani sono, infatti, rimasti al margine non registrandosi al programma o non ricevendo nessuna risposta o comunque un riscontro non soddisfacente. Se questa, infatti, doveva essere un’anticipazione della nuova Anpal che verrà, probabilmente, c’è ancora molto da fare.

È bene, quindi, ricordare che dalla qualità delle politiche attive e dalla loro capacità di creare vera inclusione passa una buona parte della possibilità di vincere la più grande sfida del presente contro il sempre più crescente, o almeno così percepito, problema della disuguaglianza sociale contro il quale non sembra pagare l’ottimismo di governo e la politica dei tweet.