Insieme al gran caldo, anche l’occupazione torna a crescere: come da comunicazione Istat di ieri, gli occupati a giugno 2016 sono 71 mila in più (+0,3%) rispetto al mese precedente e 329 mila rispetto a giugno 2015. Cresce anche il livello della disoccupazione, di 0,1 punti fino a tornare all’11,6%, ma in realtà si tratta del calo degli inattivi che naturalmente aumenta quello dei disoccupati: significa che c’è chi dal dolce far niente si è messo a cercare lavoro. Il tasso di occupazione, pari al 57,3%, aumenta di 0,1 punti percentuali sul mese precedente. Per quanto riguarda i giovami, ovvero la fascia 15-24 anni, la disoccupazione è pari al 36,5%, in calo di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente.
Matteo Renzi e Giuliano Poletti esternano soddisfazione, il Jobs Act funziona. Tutto vero, complice anche il lavoro stagionale; ma i livelli della disoccupazione restano alti, soprattutto quella giovanile quando mediamente in Europa ci si attesta circa al doppio del tasso di disoccupazione generale (in Italia è più del triplo).
Per cambiare discorso, ma solo per un momento, al suo esordio editoriale – “Abbiamo rovinato l’Italia? Perché non si può fare a meno del sindacato”, Castelvecchi editore – Marco Bentivogli (Segretario Generale Fim-Cisl) racconta le trasformazioni dell’economia e dei sistemi produttivi, oggi attraversati da una delle più profonde rivoluzioni di cui l’intera società sta vivendo le trasformazioni, stretta da una parte dal processo di disintermediazione e dall’altra dal malcontento popolare, per cui sono in molti a ritenere che si può fare a meno dell’altra casta, ovvero del sindacato.
Il libro di Bentivogli, presentato recentemente a Milano dall’autore insieme a Vittorio Feltri in un’iniziativa della Fondazione Gi Group Academy in collaborazione con l’Associazione Think-in, ha il merito di prendere il toro per le corna e di affrontare senza paura il gap che il movimento sindacale deve colmare oggi di fronte alle sfide di Industry 4.0, consapevole però che una società democraticamente avanzata non può disintermediarsi a tal punto da fare a meno del sindacato.
L’autore ricorda quel grande sindacalista che è stato Luciano Lama e un suo intervento che ha fatto storia (1978): “Con un milione e seicentomila disoccupati, il sindacato deve sacrificare ogni altro obiettivo alla lotta alla disoccupazione”. I numeri del lavoro sommerso sono talmente alti in Italia che, evidentemente, l’emergenza occupazionale reale non è quello che dice Istat. Consideriamo, anche, che proprio in virtù della capacità di risparmio degli italiani, nel nostro Paese si è riusciti a far fronte alla crisi senza troppo spargimento di sangue, complici forme di welfare spontaneo e un generoso tessuto sociale che ha fatto la sua parte.
Resta il fatto che dal sindacato ci aspetteremmo maggior spinta propulsiva nel partecipare alla creazione di lavoro, anche “sacrificando qualche altro obiettivo” (la crescita dei salari?…). Da troppo tempo – non che la parte datoriale sia esente da responsabilità – si assiste alla difficoltà di produrre strumenti per il lavoro persino ordinari, si legga contratti.
Qualcosa non torna se nell’affaticato movimento sindacale italiano è un giovane cislino a ricordare il grande leader della Cgil.
Twitter @sabella_thinkin