“Il Servizio civile nazionale fra cittadinanza attiva e occupabilità”. È questo il titolo della ricerca, curata da Isfol e presentata alcuni giorni fa presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che rappresenta la prima indagine conoscitiva sui giovani che hanno vissuto l’esperienza del Servizio civile. Un’ indagine che dovrebbe essere capace non solo di tracciare l’identikit dei giovani in Servizio, ma anche, almeno secondo l’esecutivo, di operare da guida nella predisposizione del decreto legislativo relativo alla legge delega di riforma del terzo settore e del servizio civile.
Dalla rilevazione emerge, prima di tutto, che i giovani del servizio civile sono, in Italia, prevalentemente ragazze (il 65,3%) e hanno tra i 22 e i 25 anni (48,1%). Se si guarda poi alla provenienza geografica, i servizi civilisti vengono principalmente dal Sud (30,1%) e dal Nord (27,4%), vivono in famiglia, appartengono, socialmente, a un ceto medio-alto e desiderano spostarsi. Viene rilevata, infatti, una significativa propensione alla mobilità (l’86% del campione), soprattutto se la motivazione consiste nella possibilità di avere uno sbocco lavorativo dopo l’esperienza di servizio civile.
Il livello di istruzione dei volontari è, poi, decisamente superiore a quello medio dei loro coetanei. I giovani di Servizio civile sono, emerge chiaramente dal recente studio, più istruiti rispetto alla media della popolazione: il 60,2% è in possesso di diploma secondario superiore, il 16% di laurea di II livello e il 12,7% di laurea di I livello. Inoltre, il 35% del campione sta ancora seguendo un percorso formativo e il 95% dichiara di conoscere almeno una lingua straniera a livello base.
Se si guarda, quindi, al rapporto con il mercato del lavoro, l’indagine evidenzia che ben il 44,2% dei giovani del Servizio civile vi partecipa per accrescere le proprie competenze e avvicinarsi al mondo del lavoro. Tuttavia, e fortunatamente, altrettanto forti sono le motivazioni legate alla sfera della solidarietà: il desiderio di aiutare le persone che hanno bisogno per motivi connessi a ingiustizie, discriminazione, bisogni fisici ed economici rappresenta, infatti, il 23% delle motivazioni.
Sotto il profilo delle esperienze lavorative pregresse si osserva, inoltre, che ben il 46% dei giovani servizi civilisti ha avuto più esperienze, mentre solo il 30% non hai mai svolto alcuna attività lavorativa. Si riscontra, quindi, che, in linea di massima, i giovani volontari (il 46%) si dedicano solamente al Servizio civile, mentre un quarto dei ragazzi unisce questa esperienza con attività lavorative/formative.
In conclusione possiamo, quindi, sottolineare, ancora una volta, come il terzo settore, all’interno del quale si vive prevalentemente l’esperienza del Servizio civile, possa continuare a rappresentare anche oggi uno strumento importante, e troppe volte non valorizzato, per stimolare e promuovere la partecipazione attiva e concreta, da parte dei giovani ma non solo, ai grandi dibattiti politici e sociali e, allo stesso tempo, un importante canale di ingresso nel nostro complesso, e difficile mercato del lavoro, per tanti ragazzi non rassegnati all’esclusione e disposti a mettere le proprie competenze al servizio degli altri.