È stato pubblicato recentemente uno studio della McKinsey che ha cercato di capire se, come e quanto i giovani di oggi saranno più poveri dei loro genitori analizzando i redditi stabili, o addirittura decrescenti, che hanno caratterizzato le economie avanzate negli ultimi anni. Emerge, prima di tutto, che, in questi paesi, un numero tra il 65 e il 70 per cento delle famiglie qui residenti, l’equivalente di 540/580 milioni di persone, ricade in segmenti di redditi più bassi nel 2014 rispetto a solo dieci anni prima. Un dato allarmante se solo si pensa che erano solamente il 2 per cento, quindi meno di dieci milioni, le persone che avevano preso questo “ascensore sociale al contrario” tra il 1993 e il 2005. Un dato, è opportuno sottolineare, che, almeno tendenzialmente, migliora grazie a mirate politiche sociali e fiscali dei diversi governi.



Lo stesso studio, elaborato da noti #gufi, evidenzia come la generazione più giovane è, oggi, a grave rischio di finire significativamente più povera di quella dei suoi genitori. Infatti, in un quadro generali di redditi stagnanti, i giovani e i lavoratori meno istruiti sono stati, ahimè, i più colpiti.

Emerge così cosa la politica e il governo possono fare, grazie a buone politiche e interventi sul mercato del lavoro, per cambiare questa situazione. In Svezia, per esempio, il governo è intervenuto, significativamente, per preservare posti di lavoro e, seppur i redditi da lavoro sono diminuiti per circa il 20 per cento della popolazione, il reddito disponibile è aumentato per quasi tutti i cittadini. Anche negli Stati Uniti le politiche fiscali hanno fatto sì, di fronte a una situazione in cui l’81 per cento delle persone aveva avuto una riduzione delle proprie entrate, che il reddito disponibile crescesse per quasi tutte le famiglie.



È, ovvio, che, nel medio-lungo termine, redditi stabili, o addirittura in discesa, per la maggior parte della popolazione potrebbero ridurre la crescita della domanda e aumentare, allo stesso tempo, il bisogno di spesa sociale con pesanti ricadute sui nostri, già deboli, sistemi di welfare.

Quasi un terzo delle persone intervistate e che avevano la percezione che, come già detto prima, la propria situazione economica stesse precipitando ha, quindi, espresso tutta la sua preoccupazione sul destino della prossima generazione, i propri figli, per i quali teme una dinamica dei redditi simili, se non peggiore, e ha poi criticato, in particolare, le attuali politiche in materia di commercio internazionale e immigrazione.



In questo quadro la situazione italiana è particolarmente drammatica. Emerge, infatti, che, anche dopo le politiche fiscali, o forse anche per colpa di queste, il 100% della popolazione delle famiglie ha, negli ultimi 10 anni, diminuito il proprio reddito disponibile. L’analisi termina nel 2014 prima, quindi, dell’avvento nella politica italiana di Matteo Renzi. Il premier rottamatore, sempre così concentrato a promuovere un ottimismo di governo e poco incline a spendere le proprie energie sulle grandi sfide che il grande tema della disuguaglianza sociale ci pone oggi.