Ci sono tre regioni contagiate dal coronavirus con caratteristiche simili: la Lombardia in Italia, lo Hubei in Cina e lo Stato di New York negli Usa. Epicentri nazionali che hanno portato il contagio a livelli esponenziali nei propri paesi. Cosa accomuna queste tre (lontane) regioni? La densità di popolazione sommata alle attività economiche e di produzione crea quell’iper-movimento (anche verso l’estero) che risulta un veicolo eccezionale per la diffusione di un virus altamente contagioso come il Covid-19.
I contagiati lombardi sono 61.326 con un aumento di 1.012 rispetto alla rilevazione precedente, a fronte di 3.778 tamponi in più. Decessi +241 per un totale di 11.142. I contagi italiani sono 162.500 circa ed i decessi 21.067; ciò significa che la metà sono avvenuti in Lombardia, come circa un terzo dei contagi. Al netto della Lombardia i contagi italiani sono circa 100mila ed i morti 10mila.
Numeri, quelli lombardi, che risultano differenti dall’esplosione della malattia in Italia 70 giorni fa. In Lombardia i numeri non salgono, ma nemmeno scendono, mantenendosi costanti, dopo una piccola discesa. Il governatore Attilio Fontana ha parlato di “possibile discesa” nei prossimi giorni. In realtà il dato lombardo paga anche il “fattore Milano”, dove da alcuni giorni si è registrato un forte incremento di contagi, un raddoppio. Fontana spera d’allentare le misure restrittive, come avvenuto in Veneto, ma per ora i numeri non lo consentono.
La provincia di Milano registra infatti un totale di 8.346 contagi con nuovi casi giornalieri a +189. L’assessore Gallera ha compreso la funzione di baricentro del contagio (purtroppo il capoluogo milanese continua a registrare incrementi, non esponenziali) di Milano ed infatti ha richiesto misure più restrittive.
Fontana paga forse una non perfetta coesione con Milano? Mentre il governatore chiedeva serrate, il sindaco Sala andava in direzione opposta (si è perfino scusato in diretta Facebook) alimentando quella differenza di tempistica che rende la Lombardia asimmetrica (per ora) rispetto al resto del paese. Lo avevamo scritto giorni fa, memori dell’importanza sui modelli di calcolo.
Padova, un modello vincente
Le analisi sull’evoluzione del cluster euganeo hanno dimostrato che soltanto il 3% dei contagiati manifestava sintomi. Questo punto è importante. Significa che il 70% circa era asintomatico, portatore del coronavirus ma all’apparenza sano. Se l’isolamento totale non fosse stato obbligatorio, queste persone sarebbero potute uscire e contagiare altri. Merito del virologo Andrea Crisanti, che ha suggerito a Zaia questa linea. Il modello Veneto funziona e Crisanti spiega: “Un virus si sconfigge con tre misure da attuare assieme. Quarantena rigida, distanziamento sociale e sorveglianza attiva”, come già avevamo spiegato qui.
Lombardia e tamponi
Da mercoledì 8 aprile il numero dei contagiati in Lombardia è tornato a crescere di nuovo. “La curva – ha detto il governatore Fontana – sta rallentando molto molto adagio, forse stiamo vedendo ancora le code del periodo in cui eravamo semi chiusi, ma mi auguro sia una questione di giorni per raccogliere i risultati delle misure di contenimento”.
Per il governatore l’attacco del virus alla Lombardia dipende dalla circolazione pregressa della malattia sul territorio, motivo per cui molti eventi sono sfuggiti ai primi circuiti di contenimento.
Ma rimane un quesito: da cosa dipende l’aumento dei casi registrato in Lombardia negli ultimi giorni? Potrebbe essere dovuto ai tamponi: dall’8 aprile infatti il numero di tamponi analizzati dai laboratori lombardi è praticamente raddoppiato. Più tamponi vengono analizzati, più emergono persone positive. Secondo i dati forniti dalla Protezione civile, dall’8 aprile il numero di test svolti nella Regione si è stabilizzato a circa 9mila al giorno.
Il virologo Fabrizio Pregliasco spiega la letalità lombarda teorizzando un ragionamento “matematico”: “L’età media della popolazione da sola non può spiegare la letalità, pur se sicuramente incide visto che proprio negli anziani, specie se con diverse patologie, tendono a concentrarsi i casi mortali. Ma credo che all’origine delle percentuali di letalità ci sia soprattutto la fondamentale sottostima dei casi reali, che porta quindi ad avere un numeratore più basso rispetto alla realtà nella frazione tra decessi e numero di casi”.
Torna l’ombra dei numeri cinesi e quindi anche il numero dei contagi lombardi potrebbe essere proporzionato ad uno scenario più ampio, di fatto passando dalla fase apparente a quella reale e riequilibrando la percentuale di letalità.