L’appuntamento fisso con il commissario Borrelli per conoscere l’andamento dell’epidemia di coronavirus scadenza ormai le giornate degli italiani. Ieri l’atteso rallentamento è finalmente arrivato, come avevamo ampiamente illustrato tramite i nostri modelli. Siamo sempre dell’avviso che un bollettino strutturato su dati assoluti sia fuorviante rispetto al contesto.
Per chiarirvi lo scenario abbiamo semplificato il grafico, applicando un sistema che abbiamo definito MCA (modello caotico approssimato).
Simulazione dell’incremento di contagi tra paesi europei e mondiali
La simulazione dati con modello MCA ricalca un ragionamento “caotico” approssimato, ovvero tiene presente l’incremento (i dati sono simulati, quindi prendeteli con le dovute cautele) in relazione ad eventi e misure di contenimento con R0 (il numero che determina i contagi che riesce a portare a termine una persona)
Inizio della simulazione, giorno 1: 20.03.2020
Funzionamento del grafico: si è preso l’incremento giornaliero reale (ultimi 5 giorni) percentuale, in più si sono aggiunti a ritroso eventi variabili noti (ad alta aggregazione: partita allo stadio o esodo al Sud ad esempio, trasformati in percentuale d’impatto) insieme alle misure di contenimento (distanze, chiusure) e percentuali di incremento di movimento di default.
Risultato della simulazione
Come teorizzato su queste pagine, più che aspettare il picco bisogna attendersi l’onda lunga. Se notate, paesi come Uk o Usa hanno sbalzi di contagi che seguono gli eventi ad alta aggregazione (ad esempio un concerto).
Da simulazione pare che gli interventi in atto si vedranno a partire dal 24-25 marzo, quindi questa settimana nel contesto simulato pare decisiva.
Questo modello, va detto, è frutto di uno studio sperimentale dell’autore di quest’articolo e come tale va preso.
La mortalità italiana spiegata da uno studio tedesco: attenzione alla seconda ondata
A molti italiani non torna l’alto tasso di mortalità del virus, ma la spiegazione, che può sembrare banale, potrebbe essere stata data da uno studio tedesco. Andreas Backhaus ed un altro economista del Federal Institute for Population Research, hanno notato che in Italia due persone su tre a cui è stata diagnosticata l’infezione da Covid-19 avevano più di 60 anni. In Germania solo una su 10. Da ciò la ricerca si è messa in moto analizzando l’organizzazione sociale italiana rispetto a quella di Germania e Nord Europa. In Italia gli anziani sono più integrati in famiglia, soprattutto con i più giovani. Le dinamiche di scambio ed interconnessione sono frequenti. In Germania infatti la percentuale di giovani che vive in famiglia dopo i 20 anni è molto bassa, come in Scandinavia. Oltre a ciò, i bambini sono autonomi nel tragitto tra casa a scuola, in pratica i nonni non li vanno a prendere. Sembrano banalità, ma in media un giovane tedesco va a trovare i genitori una volta a settimana, l’italiano tre volte o addirittura ci vive.
La mortalità è bassa in quegli Stati in cui la popolazione tra 30 e 49 anni vive fuori di casa; vuol dire meno contatti, meno contagi di persone fragili, e quindi calo della mortalità. Anche la Spagna ha una struttura simile a quella italiana, infatti la mortalità è in salita. In Europa dunque è altamente probabile che la mortalità segua l’organizzazione sociale e l’integrazione degli anziati nel tessuto famigliare.
Secondo la ricerca, inoltre, bisognerà prestare attenzione ad epidemia conclusa: senza vaccino disponibile sarà fondamentale contenere eventuali seconde ondate, quindi per un paese come il nostro sarà necessario, anche se costerà fatica, ridurre al minimo i contatti con persone anziane o fragili. Un risvolto sociale molto importante per un virus che sembra penalizzare chi coinvolge di più i soggetti deboli nella vita quotidiana.
90 milioni di mascherine: industria italiana in riconversione
50 milioni di euro a disposizione delle aziende italiane: basta che si riconvertano e producano mascherine e dispositivi medici. 100 aziende sono già pronte. Dal mondo della moda sono arrivate ben due filiere, che uniscono lo sforzo di 180 aziende di settore. Produzione: fino a 2 milioni al giorno. Il fatto è che servono circa 90 milioni di mascherine al mese, e il problema è logistico, visto che si producono all’estero in zone remote. Intanto Usa, Russia, Cina, India, ma anche Cuba, Francia e Germania si sono mobilitate per garantirci forniture finché la nostra produzione non sarà costante. Una sfida industriale che mette il nostro Paese al centro della produzione europea, insieme a Francia e Germania e che sarà utile ad aiutare anche altri paesi, una volta che l’Italia avrà superato il periodo di crisi acuta. Ricordiamo che il nostro paese è “avanti” di circa 10 giorni rispetto agli altri.