Le figlie di Giuseppe Piccolomo, Nunzia e Cinzia, hanno avuto un ruolo molto importante nel processo sulla morte di Marisa Maldera, la loro madre. La vittima rimase uccisa all’età di 49 anni, morta bruciata in seguito ad un drammatico quanto misterioso incidente stradale avvenuto nel 2003. Il caso inizialmente fu archiviato come omicidio colposo, ma sin dai primi istanti proprio le figlie sono convinte che il padre possa essere il responsabile della morte della loro madre. I loro dubbi furono ampiamente esposti anche nel corso del processo a carico dell’uomo e proprio le loro parole gettarono nuove ombre su Piccolomo. Nel corso del processo, la figlia Cinzia in più occasioni non riuscì a trattenere le lacrime di rabbia e dolore per la fine spietata capitata alla madre. “Non è stato facile, non è tutt’ora, quando ti muore una mamma e ti raccontano nei minimi dettagli come si scioglieva nel fuoco, io penso che non puoi amare una persona”, disse in aula. “All’inizio ho atteso con la speranza che ci fossero i telefoni sotto controllo, che stessero facendo delle indagini, che comunque le cose andassero avanti”, ma nulla di tutto ciò accadde. Parlando del padre, aggiunse Cinzia, “Lui ha assistito alla morte di mia mamma, l’ha vista bruciare viva. Ha assistito a questa scena e l’ha raccontata nei minimi dettagli come lei si scioglieva nel fuoco. A noi ci ha messo l’orrore negli occhi invece lui era sereno. Era tranquillissimo”.
NUNZIA E CINZIA, FIGLIE GIUSEPPE PICCOLOMO: SETE DI GIUSTIZIA
Sia Nunzia che Cinzia, piene di dubbi nei confronti del padre Giuseppe Piccolomo, si rivolsero al pm Novara che seguiva le indagini, al fine di poter esporre i loro gravissimi sospetti in merito alla morte della madre. “Il dottor Novara è stato poco carino nei nostri confronti. Siamo andati nel suo ufficio, gli abbiamo detto dubbi e sospetti, chiedendogli di non dire nulla a nostro padre perchè avevamo paura, era pericoloso”, raccontò in aula Cinzia. Nonostante questo però il pm, secondo le loro parole, mise subito Piccolo al corrente di tutto e la reazione dell’uomo, ora all’ergastolo, non si fece attendere. “E’ entrato in casa ha preso il seggiolone del bambino e inferocito me lo ha lanciato contro il mobile della cucina”, aggiunse la sorella Nunzia. Proprio quest’ultima, anche lei sentita nel corso del processo, spiegò davanti al giudice: “Era troppo palese che non era stato un incidente, quindi noi ci aspettavamo da un momento all’altro l’arresto di mio padre per la morte di mia mamma, per omicidio e non per incidente. Invece non è successo nulla”. Nonostante l’accanita tenacia delle figlie, il processo a cui fu sottoposto Piccolomo fu per omicidio colposo, e si concluse con il patteggiamento e una condanna di un anno e mezzo. Solo dopo alcuni anni l’uomo si macchiò del delitto di Carla Molinari e questo evento alimentò nelle figlie ulteriormente il senso forte di giustizia. Nel corso del processo sull’omicidio dell’anziana, le due figlie intervennero ancora in aula parlando di molestie e violenze subite sin da bambine, mentre venivano minacciate con il coltello o l’ascia: “Aveva il demonio negli occhi, non era in lui”. Con la riapertura delle indagini sulla morte di Marisa Maldera, si arrivò ad una nuova sentenza di condanna per Piccolomo, giudicato l’assassino della moglie. “Finalmente nostra madre ha avuto giustizia. Da anni sosteniamo che fu lui ad ammazzarla”, furono le prime parole a caldo di Nunzia.