IL MONITO DEL NUNZIO APOSTOLICO IN UCRAINA: “LA GUERRA NON SI VINCE”
Secondo il nunzio apostolico in Ucraina, la guerra in corso ormai dallo scorso 24 febbraio non può essere vinta e dunque chi può oggi nel mondo, chi cioè ha il potere di poterlo fare, «lo faccia». È chiaro e netto il monito lanciato dall’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, ambasciatorie di Papa Francesco a Kiev e traduttore personale del Pontefice nello storico incontro del 2014 a Cuba tra il Pontefice e il Patriarca russo Kirill.
Intervistato dal “Corriere della Sera”, il nunzio in Ucraina conferma l’imprinting di Papa Francesco sul fronte della guerra: «serve la diplomazia dei piccoli passi. Noi siamo uomini di Chiesa. Non abbiamo la forza delle superpotenze politiche e militari, andrebbe chiesto a loro. Noi siamo piccoli. Ma ciò che possiamo è stare qui e fare la nostra parte, la nostra opera di persuasione morale, che ha molte sfaccettature e deve rimanere ovviamente riservata». Occorre esserci e richiamare all’essenziale il mondo intero, al di là delle considerazioni “superflue”: mons. Kulbokas intende riferirsi a chi nel mondo parla sul “modo di vincere la guerra”, «come fosse qualcosa che si possa vincere. Ma quando la si vive più da vicino, quando ci si è dentro, si vede che la guerra non si può vincere. Che significa “vincere”, quando ci sono decine di migliaia di morti? L’unica cosa che rimane è fermarla, la guerra. Se qualcuno ha la possibilità di farlo, lo faccia subito. La guerra uccide tutti».
CHIESA UCRAINA, GLI APPELLI DAL NUNZIO AL VESCOVO DI KIEV
È chiaro che un cessate il fuoco immediato dovuto alla vittoria di una compagine sull’altra è alquanto più “semplice” da immaginare, ma per il nunzio apostolico in Ucraina la situazione attuale nell’Est Europa richiede un lavoro assai faticoso: «siamo sopraffatti da questioni urgenti, a cominciare da quelle umanitarie, a volte con interventi puntuali sul posto, a volte – ed è soprattutto questo l’ambito di competenze della nunziatura – quelle che richiedono l’uso di canali diplomatici…Un aspetto incoraggiante è la coesione tra gli uomini di fede».
Insomma, un briciolo di speranza il vescovo lo vede nel vasto dialogo all’interno del Consiglio delle Chiese in Ucraina: «riunisce i rappresentanti delle maggiori confessioni, cristiane e non cristiane, e dà un esempio importante di coesione e dialogo. Un’arma spirituale, positiva, che mostra come tutta l’umanità debba essere unita nel combattere la guerra». Un concetto che appare alquanto astratto ai nostri tempi, la speranza, resta la fiammella conservata dalla Chiesa di Cristo anche per la crisi ucraina: «Umanamente parlando, non sembrerebbe esserci spazio. Ma come uomini di fede abbiamo la vocazione di sperare contro ogni speranza, perché sappiamo che Dio c’è e che interverrà non appena avremo fatto la nostra parte». Diversa l’impostazione del vescovo latino della Diocesi di Kiev-Zhytomyr, mons. Vitalii Kryvytskyi, che all’Agenzia ANSA racconta di benedire i soldati ucraini che vanno al fronte: «Non abbiamo scelto di fare la guerra, ma siamo stati costretti. Difendere il proprio Paese è una responsabilità civile, non solo militare, e tutti siamo tenuti a farlo. I giovani vengono da me e mi dicono: è il momento di andare in prima linea. E io dico ai nostri fedeli: pregate perché adesso cominciano a combattere». Il pacifismo cristiano, conclude il vescovo di Kiev, «qui non è comprensibile perché dobbiamo ottenere la pace giusta».