Ursula von der Leyen ha indicato la composizione della nuova Commissione europea che guiderà nel prossimo quinquennio, che potrà di fatto insediarsi solo dopo il processo di audizione e conferma che si svolgerà all’interno del Parlamento europeo nelle prossime settimane. Guardando i nomi dei Commissari designati e le deleghe loro assegnate, l’impressione di Giulio Sapelli, professore emerito di storia economica alla Statale di Milano, è che “la crisi contemporanea di Francia e Germania mandi delle scosse telluriche che non possono non ripercuotersi sul sistema decisionale europeo”.
Cosa intende dire?
Che nel sistema decisionale europeo stanno irrompendo, fenomeno ancora non sistematizzato nelle filiere di potere e di comando, gli Stati baltici. Non solo con l’estone Kaja Kallas nel ruolo di Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza, ma anche con la nascita di un nuovo dicastero dedicato alla Difesa e allo Spazio affidato al lituano Andrius Kubilius. Quest’ultimo fatto rappresenta un segnale preoccupantissimo, perché vuol dire che le risorse della Nato andranno più sul fronte orientale che non verso quello meridionale/mediterraneo.
Assisteremo a un indebolimento del fronte sud della Nato?
Si era già cercato di spostare il peso relativo di risorse economiche e militari dal fianco meridionale della Nato a quello orientale, e ora questo potrebbe effettivamente avvenire, rafforzando il ruolo del Regno Unito, proprio adesso che non è più parte dell’Ue. A influenzare moltissimo il comportamento dei Paesi baltici, infatti, è Londra. E sappiamo quali sono le intenzioni del nuovo premier laburista Starmer riguardo alla Russia.
C’è l’intenzione di essere al fianco di Kiev fino alla sconfitta di Putin e si era anche parlato dell’ipotesi di dotare l’Ucraina di missili di lungo raggio per colpire in territorio russo ben oltre le zone limitrofe al confine.
Il ragionamento che fa il Regno Unito è molto semplice: non si può contrastare l’influenza cinese nel mondo se non si neutralizza in qualche modo la Russia. Ma è chiaro che questo non potrà non scatenare la reazione di Mosca, che è pronta a lanciare i suoi missili ipersonici in territorio europeo. Temo che si stia andando verso una guerra nucleare tattica.
Kubilius non avrà di fatto grandi risorse a disposizione. A meno che non vengano adottate le proposte del Rapporto Draghi, che prevede debito comune anche per le spese nella difesa affidate a Bruxelles e non più ai singoli Stati membri…
È così che si spiega il significato del documento di Draghi e di questa proposta che non poteva che arrivare da una personalità che ha le mani libere rispetto agli equilibri politici tra nazioni: all’ex presidente della Bce è stato affidato il compito di aprire la via indicando gli strumenti per l’intensificazione della guerra contro Mosca. Il Rapporto Draghi è il tessuto teorico su cui si dovranno costruire le nuove azioni di aggressione alla Russia.
Cos’hanno intenzione di fare gli Stati Uniti rispetto a questa situazione?
Stanno a guardare, anche perché sono profondamente divisi. Sappiamo che se venisse eletto Trump la guerra in Ucraina potrebbe finire in breve tempo, cedendo la Crimea e magari altri territori a Mosca, mentre in caso di vittoria della Harris la Casa Bianca sarebbe più incline a sostenere la linea di Londra.
L’opposizione tedesca al debito comune proposto da Draghi ha a che fare con il suo utilizzo bellico?
Certamente. Alla Germania in questo momento non interessa combattere la Russia, ma la transizione green che sta minando la sua industria automobilistica.
Il dossier relativo alla transizione verde verrà affidato alla spagnola Teresa Ribera, socialista come Timmermans. Questo impedirà dei cambiamenti nelle politiche di Bruxelles sul tema?
Gli spagnoli sono molto condizionati dai tedeschi e credo, pertanto, che sulla transizione green si segnerà il passo. Non vedremo scelte come quelle di Timmermans.
C’è quindi la possibilità che l’industria europea possa riprendersi?
Sì, anche perché mi sembra che finalmente gli industriali europei stiano battendo un colpo: sanno che in gioco c’è la loro stessa sopravvivenza.
Un’altra possibilità è che l’Europa, anche tramite le ingenti risorse prefigurate da Draghi, faccia crescere la sua industria bellica.
L’idea che il capitalismo di guerra trascini tutto il capitalismo è primitiva: può riuscire a farlo con un ritardo di 20-30 anni. Inoltre, le filiere industriali non sono così meccanicamente trasferibili: non si possono prendere centinaia di migliaia di lavoratori che prima costruivano automobili e metterli a realizzare carri armati. Possono volerci degli anni, nel frattempo l’economia fa in tempo a crollare.
Da quel che dice sembra che ci sarà una sorta di divisione nell’Ue tra gli interessi dei Paesi baltici che mirano alla neutralizzazione della Russia, da un lato, e quelli della Germania che vuole salvare la sua industria, dall’altro.
È così. Del resto, i Paesi baltici sono già post-industriali, mentre il cuore franco-tedesco dell’Ue è ancora profondamente neo-industriale. Si tratta di due formazioni socio-economiche completamente diverse.
Andranno a confliggere tra loro?
Confliggono già adesso.
Torniamo a quello che diceva sul fronte sud della Nato: l’Italia si ritroverà più isolata?
L’Italia, pur essendo atlantista, vede ancora vivo il lascito delle grandi politiche estere democristiane e anche di Craxi e De Michelis. Fino a poco tempo fa il rapporto con l’ex Urss ci è servito anche per aumentare la nostra influenza nei Paesi arabi. Dopo quello che è accaduto in Libia e quello che sta accadendo in Medio Oriente, l’Italia appare isolata nel Mediterraneo.
Eppure esiste anche un commissario al Mediterraneo, la croata Dubravaka Suica…
Mi sembra una scelta assurda, ingiuriosa, quasi che a Bruxelles non conoscano la geografia. Con tutto il rispetto per la Croazia, non mi sembra sia una potenza mediterranea. Tuttavia, quella di Bruxelles appare una scelta perfettamente coerente con l’idea che il fronte sud della Nato non conti più nulla.
Il dossier immigrazione, importante per l’Italia, andrà all’austriaco Magnus Brunner. Cosa ne pensa?
Se se ne occuperà un austriaco significa che ci sarà una forte stretta sugli ingressi di immigrati in Europa.
Cosa pensa, invece, dell’addio polemico di Thierry Breton, che non è stato confermato nella Commissione?
È il segno che Macron non se lo fila più nessuno. È vero che il Presidente francese ha scelto il sostituito di Breton, ma mi sembra che si tratti di un giovane politico senza arte né parte.
Chi resiste, ormai dal 2014 a Bruxelles, è Valdis Dombrovskis, con cui Raffaele Fitto dovrà dividere la delega sulla realizzazione dei Pnrr nazionali, e che sarà commissario all’Economia.
Ed è quasi diabolico che un vicepresidente esecutivo debba condividere la sua delega con un commissario. Dombrovskis è potentissimo, perché è il cane da guardia dell’austerità e dell’ortodossia monetarista della Bundesbank, e già in passato ha cassato ogni proposta di rinnovamento. Abbiamo una prova del potere che ancora ha la Banca centrale tedesca in Europa.
Banca centrale tedesca che non vede di buon occhio l’idea di un debito comune…
Il Rapporto Draghi appare com un libro dei sogni, difficile da mettere in pratica.
Sembra che Fitto avrà la supervisione del portafoglio di Marta Kos, commissaria all’Allargamento. Ritiene che in questo momento un allargamento dell’Ue sarebbe positivo o negativo?
Potrebbe essere positivo nella misura in cui possa essere in grado di rappresentare una spinta decisiva per fare in modo che l’Europa si doti finalmente di una Costituzione.
(Lorenzo Torrisi)
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