Verrebbe voglia di non scriverne ma non è possibile perché ne parlano tutti. Mi riferisco all’ultima “lettera-appello” che dichiara “eretico” Papa Francesco. Con il pretesto di agitare lo spettro dello scisma, i soliti docenti universitari, teologi e uomini di Chiesa tornano a scrivere sui siti che l’estate scorsa avevano dato spazio alla richiesta di dimissioni formulata dall’ex nunzio Carlo Maria Viganò e accusano Bergoglio d’eresia. Anche l’elenco dei punti dottrinali che, secondo gli accusatori, sarebbero stati contraddetti dal Papa è trito e ritrito e si riferisce soprattutto ai passaggi di Amoris Laetitiae in cui si parla della comunione eucaristica ai divorziati risposati.
In Vaticano si è consapevoli che dietro questi attacchi ci sono certamente anche alcuni miliardari americani che desiderano imprimere una svolta liberista e tradizionalista alla Chiesa. Non ci si può dimenticare per esempio che Tim Busch – che si era vantato sul New York Times di aver organizzato la pubblicazione del precedente manifesto contro il Papa dell’ex nunzio Viganò grazie a un giornale di proprietà della catena televisiva Ewtn del cui consiglio di amministrazione fa parte – finanzia sia la business school che porta il suo nome nella Catholic University of America sia il Napa Institute, anch’esso dedicato alla promozione del capitalismo e dell’ideologia liberista nel mondo cattolico.
Nel dialogo con i gesuiti in Cile nel gennaio 2018, Papa Francesco aveva detto che, personalmente, non leggeva neppure quelle accuse “per igiene mentale” e questo, ripeto, sarebbe, se potessi, l’atteggiamento giusto da tenere.
Ciò che più colpisce in negativo di questi manifesti – che, va detto, ad ogni riedizione trovano un numero sempre minore di firmatari – è l’ossimoro sostenuto. Proprio i redattori di tali proclami dovrebbero sapere infatti che dietro l’idea cattolica dell’autorità papale c’è la consapevolezza di fede che i cristiani siano assistiti dallo Spirito Santo nella persona del suo Capo visibile e abbiano quindi certezza di non poter cadere in errore nell’essere da lui guidati alla salvezza della propria anima. Quando Pio IX proclamò il dogma dell’infallibilità papale, che di tale certezza di fede è il vertice, non fece un colpo di mano ma definì un convincimento che era già largamente condiviso dalla maggioranza dei vescovi e che, soprattutto, fonda la sua autorevolezza nelle parole di Gesù quando, nell’ultima cena secondo il vangelo di Luca, dice a Pietro “conferma i tuoi fratelli”.
Aggiungo che qualsiasi sacerdote, o anche semplice cristiano che sia davvero in contatto con la gente, sa che non esiste alcun pericolo di scisma se per scisma si intende qualcosa di paragonabile a quanto avvenuto in passato con la Riforma, gli Anglicani, il mondo ortodosso e via dicendo. La stragrande e assoluta maggioranza dei cristiani è serenamente con il Papa. Il popolo di Dio sa che la salvezza della propria anima è una cosa seria e pertanto non può immaginare che Cristo lasci gli uomini senza quella guida spirituale che prende norma dalla fede del Papa.
Ho sentito dire che, nel XVI secolo, Erasmo da Rotterdam, a chi dubitava della verità dell’Eucarestia, avrebbe detto: “non posso credere che Cristo abbia lasciato che per quindici secoli la sua Sposa adorasse un pezzo di pane”. Non trovo conferma sul web di un’affermazione così lampante, ma una verità così evidente rimane fulgida anche se non fosse stata detta dal grande umanista. Anzi, quasi quasi, preferirei che fosse farina del sacco di chi me l’ha detta, ovvero di un credente sconosciuto. Proprio perché la salvezza della nostra anima è la cosa più seria che esista, la conoscenza della verità di fede deve essere sostenuta dallo Spirito Santo attraverso la Chiesa che non può sussistere se non è in comunione con il Papa. Chiunque tu sia, scherza con sapienti, cardinali e teologi, ma lascia stare il Papa.