Avrebbe dovuto essere inaugurata in occasione delle Olimpiadi di agosto, ma mai ritardo è stato più provvidenziale. La riapertura della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, dopo un restauro molto complesso portato avanti in tempi record, arriva come un salutare sussulto di orgoglio per un Paese in profonda crisi e come puntello per un presidente che fatica a tenere il timone della politica. I motivi d’orgoglio del resto non mancano. Il restauro non è costato nulla alle casse pubbliche perché la somma raccolta con la chiamata alla solidarietà collettiva all’indomani dell’incendio ha superato tutte le previsioni e addirittura garantisce un tesoretto in avanzo: i donatori sono stati 340mila, da più di 150 Paesi e il 70% dei fondi (scrive iRaiser sul proprio sito) è stato raccolto nelle prime 48 ore. I grandi donatori hanno fatto la differenza: perché tre soggetti francesi (Arnault, Bettencourt-Meyers e L’Oreal) hanno messo ciascuno 200 milioni, altri due (Pinault e Total) 100 milioni.
Ovviamente è stato fatto notare che il meccanismo delle detrazioni fiscali per le donazioni avrebbe fatto ricadere sulle finanze pubbliche un peso indiretto per via della perdita del gettito tributario (Notre-Dame è di proprietà dello Stato francese). Arnault e Pinault hanno così annunciato di voler rinunciare al beneficio previsto dalla legge. Ma come è stato giustamente sottolineato in un’inchiesta pubblicata sul sito Vita.it, il vero fiume di generosità è quello arrivato da quei 340mila donatori semplici: i 200 milioni donati da Arnault, il patron dell’impero della moda LVHM, corrispondono allo 0,24% del suo patrimonio. Chi ha donato 100 euro nella maggior parte dei casi è andato oltre quella percentuale…
C’è da chiedersi cosa, in una società radicalmente secolarizzata, abbia spinto tante persone ad un gesto di generosità così spontanea e immediata. Il danno, per quanto gravissimo, non era alle persone come nel caso di terremoti o catastrofi ambientali, ma al patrimonio e questo poteva comportare un minor coinvolgimento emotivo. Invece la ferita di Notre-Dame è stata sentita come una ferita collettiva. Quella cattedrale non era solo un magnifico monumento, ma un qualcosa in cui ciascuno si riconosceva, e alla cui ombra ci si sentiva come a casa.
Come ha scritto il domenicano francese Adrien Candiard sul sito Vatican News, “l’emozione provata in Francia e nel mondo intero quando le fiamme attaccarono Notre-Dame, l’entusiasmo di centinaia di migliaia di donatori che volevano contribuire alla ricostruzione, la passione delle discussioni che hanno accompagnato i lavori hanno tuttavia mostrato che, per tutti, cristiani o meno, credenti o meno, non si trattava di un semplice museo, per quanto eccezionale: si tratta di un po’ della vita spirituale del mondo che si svolge sotto queste volte gotiche”.
Domani Notre-Dame riapre le porte, ma avremo davanti agli occhi una cattedrale molto diversa da come l’avevamo lasciata prima del grande incendio del 2019. Vedremo una cattedrale diventata bianca per l’intenzione di ripristinarne l’aspetto interno originario. “Spaventa parecchio dover ricostruire un edificio esattamente com’era piuttosto che restaurarlo”, ha detto Briac Thomas, ingegnere, responsabile di una delle maggiori aziende coinvolte nell’impresa. È un approccio a cui la Francia è abituata fin dai tempi del celebre recupero della stessa Notre-Dame da parte di Eugène Viollet-le-Duc dopo secoli di incurie e dopo le devastazioni conseguenti alla Rivoluzione francese. Un “restauro in stile” è stato definito, una modalità che in Italia non è mai stato praticata (escluso l’infausto completamento della facciata di Santa Maria del Fiore, attuato proprio sull’onda dell’intervento parigino). Quell’eccesso di bianco che presume di riportare ad una condizione originale lascia perplessi, come può sperimentare chi oggi varchi i portoni della meravigliosa cattedrale di Chartes “ripulita”, anzi quasi “candeggiata”.
Per ora è giusto lasciar da parte le riserve e festeggiare la riapertura di una cattedrale che secondo le previsioni si prepara ad accogliere un record di 15 milioni di visitatori nel 2025. Visitatori che vengono in gran parte da un mondo post cristiano, ma, si chiede in conclusione padre Candiard, “il manto di Maria non è forse abbastanza ampio da coprire e proteggere tutti i suoi figli?”.
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