Una “pillola” per cancellare i ricordi, solamente quelli brutti, e fare tabula rasa delle esperienze negative o comunque traumatiche? La questione non sta proprio in questi termini ma da tempo alcuni scienziati stanno studiano il modo, attraverso delle sessioni di terapia, per impedire ai ricordi dolorosi che tutti abbiamo di poter affiorare improvvisamente, senza contare tutte quelle memorie del passato che sporadicamente riemergono e di cui noi ci vorremmo liberare. Premesso che il tema se questo possa essere eticamente giusto o meno e che quali siano le implicazioni scientifiche di tale scelta afferiscono a tutto un altro ambito, ci limitiamo a registrare come da da alcuni mesi sono balzate all’attenzione di riviste scientifiche e media generalisti le ricerche portate avanti in Canada, presso il Douglas Research Center di Montreal, su di un sistema che consente di manipolare la memoria dei pazienti facendo ricorso a delle sedute di psicoterapia associate però anche all’assunzione del propranololo, un farmaco cosiddetto beta-bloccante e noto non solo per la sua capacità di ridurre la frequenza cardiaca a riposo ma anche usato per il trattamento dei disturbi post-traumatici dato che interrompe il “consolidamento” di questo tipo di ricordi.
UNA TERAPIA PER ‘RIMODULARE’ I RICORDI NEGATIVI: ECCO IN COSA CONSISTE
Insomma, non siamo dalle parti di “Eternal sunshine of the spotless mind” (il film oramai di culto firmato da Michel Gondry nel lontano 2004) ma il principio su cui sta lavorando il professor Alain Brunet (docente di Psichiatria presso la McGill University di Montreal) e il suo staff non è poi così differente. Nessuna pillola o sostanza magica, ma un trattamento che consente di intervenire appunto solo sui ricordi brutti o comunque associati a delle esperienze dolorose come possono essere la fine di un amore o la perdita di una persona cara. Come accennato, dell’utilizzo del propranololo in ambito terapeutico si parla oramai da molti anni ma gli studi di Brunet fanno pensare che il fatidico traguardo sia vicino: in tal senso l’obbiettivo è quello di modulare la memoria di chi soffre di disturbi post-traumatici, per quella che appunto viene definita una vera e propria “chirurgia della memoria” che in futuro potrà essere impiegata a supporto delle terapie tradizionali.
Ad ogni modo a tal proposito ci si interroga anche su quali potrebbero essere le conseguenze di questa rimodulazione memoriale che, come nel caso della chirurgia estetica, stravolgerebbe definitivamente il ‘volto’ del nostro cervello oltre che il nostro vissuto, cancellando inoltre tutto quanto (buono o brutto) ha contribuito nel corso degli anni a farci diventare quelli che oggi siamo. Insomma, il dibattito sul tema dell’oblio e di cosa è giusto o conviene ricordare resta aperto anche se a tal proposito lo stesso Brunet, in una vecchia intervista concessa a “la Repubblica”, ha voluto rassicurare spiegando che “non si tratta di cancellare i ricordi, ma di modificare le sensazioni a cui sono associati” dato che a suo dire le memorie resteranno per sempre nell’ippocampo (parte del cervello situata nella regione del lobo temporale). La domanda tuttavia resta: è giusto depotenziare queste sensazioni?