Vaccinarsi o non vaccinarsi: questo è il problema a 50 giorni dalla riapertura delle scuole, forse a 60 giorni se, come sembra, si voterà il 3 ottobre e solo dopo si riapriranno definitivamente le scuole. Che vaccinarsi faccia bene alla salute è accertato e occorre incoraggiare i timorosi a non indugiare oltre. Il rischio c’è e non va negato; eventi avversi ce ne sono stati e sono stati monitorati. Ma non c’è dubbio che nel bilancio salute-malattia, vaccino-infezione, il vaccino vinca la sfida.



Ma il problema da mettere a fuoco con maggiore chiarezza è questo: vaccinare chi? Vaccinare gli adulti, insegnanti, nonni e genitori o vaccinare anche i bambini? e in questo caso da che età occorrerebbe iniziare, dagli adolescenti, affamati di libertà, di esperienze nuove anche trasgressive, o bisognerebbe coinvolgere gli stessi bambini, anche i più piccoli, come si fa per tutte le malattie esantematiche? Difficile dirlo e soprattutto impossibile dirlo con certezza, perché mancano le evidenze scientifiche necessarie per giustificare una determinata scelta sulla base di dati inoppugnabili.



Quel che è certo però è che vanno vaccinati tutti gli adulti, proprio per senso di responsabilità nei confronti dei più giovani e per assicurare loro quella immunità di gregge che sarebbe auspicabile raggiungere al più presto. In un certo senso a garanzia delle nuove generazioni, protette senza vaccinarsi anche da quel fattore di rischio rappresentato dal non sapere quali saranno gli effetti a lungo termine degli attuali vaccini, che hanno meccanismi d’azione del tutto nuovi.

Ma se i vaccini lasciano scoperte ancora una serie di zone d’ombra, il virus appare ogni volta di più intelligentemente capace di adattarsi, di mutare e di moltiplicare e differenziare la sua azione aggressiva. Anche perché oltre alla variante Delta che attualmente impegna quasi l’80% dei nuovi casi in Italia, si sta facendosi strada una nuova variante, che nell’attuale classificazione per lettere greche si chiama variante Epsilon. Dalla California emerge la nuova variante che va tenuta sotto stretto controllo: la B.1.427/B.1.429, denominata Epsilon, secondo la classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).



La variante Epsilon, definita Voc (Variants of concern) è stata identificata per la prima volta a maggio 2021 in California dal biochimico Matthew McCallum, dell’Università di Washington a Seattle, e pubblicata sulla rivista Science. Ancora poco diffusa in Europa, sta cominciando la propria azione aggressiva apparendo qua e là, senza che sia facile capire da dove provenga e come sia arrivata in questo o in quel luogo. È ormai presente in 44 Paesi, dagli Stati Uniti alla Sud Corea, all’India e al Giappone. In Europa sono stati rilevati casi in Danimarca (37 casi), Germania (10), Irlanda e Francia (7), Olanda e Spagna (5), Svizzera (4), Norvegia (3), Svezia, Finlandia e Italia (2), Belgio (1).

L’articolo di ScienceSars-CoV-2 immune evasion by the B.1.427/B.1.429 variant of concern”, che ha descritto le caratteristiche della variante, ha dimostrato che le tre mutazioni presenti sulla proteina Spike della variante B.1.427/B.1.429 sono in grado di indurre una riduzione modesta ma significativa della potenza di neutralizzazione proprio di quegli anticorpi indotti dal vaccino, capaci di bloccare il virus Sars-CoV-2, proteggendo l’individuo dall’infezione. La potenza di neutralizzazione degli anticorpi contro la variante Epsilon è stata poi confrontata con la potenza di neutralizzazione di altre varianti del virus, scegliendo le più note e le più diffuse: per esempio quello con la forma originaria del virus (D614 S), contro B.1.351 (variante sud–africana), quello B.1.1.7 (variante indiana) e P.1 (variante brasiliana).

Gli attuali vaccini sembrano meno efficaci sulla variante Epsilon. La riduzione della potenza di neutralizzazione degli anticorpi è stata dimostrata utilizzando il plasma raccolto in persone che erano state vaccinate con la seconda dose del Vaccino Moderna mRna-1273 e Pfizer/ BioNtech Bnt162b2. La potenza degli anticorpi neutralizzanti contro la variante Epsilon, B.1.427/B.1.429, risultava ridotta di almeno 2,4 volte rispetto a quella contro le altre varianti.

L’analisi coordinata da McCallum si basa sull’analisi di 57 campioni, in cui lo studioso ha osservato ben tre mutazioni che la rendono resistente agli anticorpi e che si trovano sulla proteina Spike, l’artiglio che il virus usa per entrare nelle cellule. Con le sue tre mutazioni, la variante Epsilon è resistente sia agli anticorpi generati dai vaccini a Rna messaggero sia a quelli generati dall’infezione da virus Sars-CoV-2. Tuttavia, i dati presi in esame sottolineano anche la maggiore qualità delle risposte anticorpali indotte dalla vaccinazione rispetto a quelli prodotti durante l’infezione. Confermano quindi che vaccinarsi fa bene e vale la pena vaccinarsi presto e in modo completo: con almeno due dosi. La variante Epsilon sembra più aggressiva in quanto è in grado di promuovere l’evasione immunitaria. Comprendere il nuovo meccanismo di evasione immunitaria delle varianti emergenti appare oggi tanto importante quanto il monitoraggio della sequenza stessa, per contrastare con successo la pandemia in corso.

Ma il problema che si profila all’orizzonte, posto dalla normativa che riguarda il green pass, è che quest’ultimo ha la durata di nove mesi; per cui tutto il personale sanitario che si è vaccinato a gennaio deve tornare a vaccinarsi quanto prima se vuole continuare ad esercitare la sua professione e prima o poi questo stesso impegno riguarderà gli insegnanti che si sono vaccinati premurosamente all’inizio del 2021.

La domanda allora diventa: quante altre volte dovremo vaccinarci e quante altre volte il virus muterà la sua struttura antigenica prendendoci in contropiede? Il futuro non è certo facile.

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