Sette miliardi andranno al taglio dell’Irpef, con le aliquote che da 5 diventano 4, cancellando quella al 41%, mentre quella al 27% scende al 25% e quella al 38% perde tre punti percentuali, passando al 35%. Un altro miliardo circa servirà invece a eliminare l’Irap per autonomi e persone fisiche. E si tratta di tagli strutturali, non legati solo al 2022. Quanto alla no tax area, si valutano alcune piccole modifiche e anche le detrazioni verranno “profilate”, portando a un vantaggio per i redditi sopra i 50mila euro.



Attorno a questi presupposti è stata trovata l’intesa politica tra i partiti al tavolo sul Fisco del Mef su come utilizzare gli 8 miliardi, limite non valicabile, che il ddl di Bilancio ha stanziato per alleggerire la pressione fiscale. “Siamo in presenza di un accordo politico che non riguarda una vera riforma fiscale, strutturale e permanente – osserva Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia e presidente di EconomiaReale -. E’ solo un passettino, limitato appunto a 8 miliardi, per rimodulare le aliquote Irpef, senza toccare gli scaglioni” e il cui beneficio sui contribuenti rischia di essere “pari allo zero virgola zero”. Per Baldassarri ora “serve il coraggio di fare una vera riforma fiscale, che richiederà un impegno di almeno 40-50 miliardi”.



Come giudica l’accordo politico che ha portato a ridurre le aliquote da 5 a 4?

Premesso che in questa fase un accordo politico è positivo di per sé, ma bisogna subito chiarire che questa non è la riforma fiscale, e lo ha detto anche il governo. Non è la riforma fiscale che si attende da noi la Commissione Ue per le procedure di erogazione dei fondi europei.

Perché?

Perché una riforma fiscale per essere tale, a mio parere, deve partire da un livello di risorse almeno fra i 40 e i 50 miliardi di euro.

L’accordo, tra rimodulazione aliquote Irpef e taglio Irap, prevede un costo di 8 miliardi…



Otto miliardi è un primo piccolissimo passo, ma sono ben lontani da quelli necessari per attuare una vera riforma fiscale, strutturale e permanente, che richiede, come ha ricordato il governatore Visco, la ricomposizione del bilancio pubblico dal lato delle entrate e dal lato delle spese. Una posizione che condivido totalmente. E una riforma fiscale, in termini di impalcatura, deve ridurre le aliquote a non più di 3 e soprattutto allargare gli scaglioni, che è la cosa più importante, ponendo alla base la negative income tax, cioè una fascia di no tax area che sia misurata rispetto al nucleo familiare, così da garantire una progressività secondo i dettami della Costituzione.

A proposito di allargamento degli scaglioni, che cosa bisognerebbe fare?

Da anni la mia proposta prevede un’aliquota del 25% per scaglione di reddito fino a 50mila euro, del 35% tra 50mila e 100mila euro, del 43% oltre i 100mila euro. Una riforma che costerebbe 40 miliardi.

Dove trovarli?

E’ chiaro che una riforma di tale entità non può essere fatta né a deficit, né utilizzando i fondi europei. Quindi, il vero tema diventa non tanto la riduzione dei carichi fiscali da 40-50 miliardi, ma dove andare a prendere le risorse dentro il bilancio pubblico per le coperture.

Aspetto tutt’altro che secondario: come districarsi?

Molto semplice: ci sono 80 miliardi di tax expenditures disperse a pioggia e da lì si possono ricavare, eliminando detrazioni, deduzioni agevolazioni varie per condensare tutto in un’Irpef nuova. Ma questo significa andare a toccare i nervi scoperti di corporazioni, cosche e logge.

Torniamo all’accordo sulla riduzione delle aliquote. Che effetti potrà produrre? Chi ci guadagnerà?

Già l’entità, pari a 7 miliardi per la riduzione dell’Irpef, dice tutto. Ha un effetto di riduzione pari allo 0,5% circa rispetto al Pil e l’impatto che ne sortirà non potrà che essere di uno zero virgola. Il mio timore è che sia sostanzialmente pari a zero virgola zero.

Intanto sparisce l’aliquota del 41%…

Sì, ma rimane quella del 43% oltre i 50mila euro di reddito. In realtà, è una modifica di aliquote, a parità di scaglioni, che incide poco su chi già paga le tasse e lascia intatto il carico fiscale su lavoratori dipendenti e pensionati.

Sulle detrazioni l’accordo prevede che vengano “profilate”, così che possano arrivare dei vantaggi anche ai redditi oltre i 50mila euro. Che cosa significa?

Intanto, come sappiamo, le detrazioni non ci sono, si esauriscono oltre i 50mila euro. Quindi probabilmente si manterrà una piccola detrazione anche a quei redditi.

Il taglio dell’Irap per un miliardo di euro è una misura positiva?

E’ positiva, ma un miliardo su 20 miliardi di Irap quanto incide?

Ci vorrebbe più coraggio?

Il coraggio è un’altra cosa: è fare la vera riforma fiscale, in cui tra l’altro l’Irap viene azzerata. E per quanto riguarda i 20 miliardi a carico delle imprese, ci sono 45 miliardi di fondi perduti ogni anno nel bilancio pubblico. Tagliamoli a metà, visto che spesso vanno anche a imprese criminali, e abbiamo trovato le coperture.

La tanto sbandierata riforma complessiva e strutturale del fisco in realtà è come la montagna che ha partorito il topolino?

La vera riforma fiscale è rimandata alla delega fiscale, che è tutta da costruire.

Fatto questo passo, quali e quanti se ne dovranno ancora compiere?

Noi dobbiamo fare una maratona di 42 chilometri. Per ora abbiamo percorso il primo chilometro, bisogna correre gli altri 41. Ripeto: c’è da fare la riforma fiscale.

(Marco Biscella)

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