Ad un certo punto della sera il cellulare ha iniziato ad evidenziare un’insolita eccitazione. Raffiche di Whatsapp per segnalare di una scoperta straordinaria e soprattutto indubitabile. La prima arriva da Paolo Bonacina, un giovane amico con grande fiuto: era stato trovato un nuovo Caravaggio tra le centinaia di opere che avrebbero dovuto andare in vendita oggi 8 aprile a Madrid presso la casa d’aste Ansorena. Nel catalogo il quadro era al numero 229, con il riferimento in didascalia alla “cerchia di José de Ribera”, misure 111 x 86 cm, prezzo base 1.500 euro. Soggetto: un “Ecce Homo”. Il quadro non andrà all’asta, perché è stato ovviamente ritirato dopo che, sfogliando online il catalogo, occhi esperti si sono accorti che quella tela covava qualcosa di speciale.
In questi anni è capitato tante volte di assistere ad annunci roboanti rispetto al ritrovamento di opere perdute del grande Caravaggio. Ma poi queste scoperte andavano regolarmente a cozzare con i dubbi disseminati da storici dell’arte ed esperti dagli sguardi fini. Così finivano con l’essere opere relegate al limbo del “forse” o del “quasi” Caravaggio: ricordiamo i casi recenti della Maddalena o della replica della Giuditta e Oloferne.
Questa volta no. Questa volta nessuno dubita: quell’“Ecce homo” è Caravaggio senza “se” e senza “ma”. Di qui l’eccitazione che è venuta salendo man mano che passavano le ore. C’è chi è partito immediatamente per Madrid, come Cristina Terzaghi, una delle più scrupolose conoscitrici di Caravaggio, curatrice della mostra napoletana del 2019, scapicollandosi per riuscire a vedere il quadro, messo ovviamente sotto massima protezione. Lo ha visto e ha potuto sciogliere i dubbi circa l’autografia. È un quadro che magicamente sistema alcune tessere del puzzle caravaggesco: si sapeva che avesse dipinto questo soggetto per il cardinale Massimo Massimi, passato poi nelle mani del viceré spagnolo di Napoli, García de Avellaneda y Haro, e che lui si era portato in Spagna nel 1659 (insieme ad un altro Caravaggio, la Salomé oggi conservata al Prado).
Sappiamo quindi quando Caravaggio lo dipinse: siamo nel 1606, in contemporanea con un suo capolavoro, la “Madonna del Rosario”, dipinta a Napoli e oggi conservata al Kunsthistorishes Museum di Vienna. Come Cristina Terzaghi ha subito colto, il modello per il Pilato in primo piano è lo stesso usato per il san Pietro Martire della straordinaria tela viennese.
Tutto torna, dunque. C’è però chi da questa scoperta esce con un po’ di delusione: sono i genovesi che pensavano che l’“Ecce homo” documentato in modo così puntuale dalle fonti fosse quello custodito nel museo di Palazzo Bianco e che per altro vanta l’autorevolissima attribuzione di Roberto Longhi. Ora quel Caravaggio inevitabilmente vacilla, spodestato dalla nuova scoperta.
Dove finirà ora l’“Ecce homo”? Ci sono pochi dubbi. Dalla Spagna certamente non esce. La sua destinazione più plausibile è il Prado, per tornare al fianco della Salomé, com’era quattro secoli fa.
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