Esiste davvero un nuovo Coronavirus in grado di passare dal cane all’uomo? La risposta, secondo uno studio condotto dai ricercatori della Duke University, parrebbe essere affermativa, come si legge sulla rivista “News medical life sciences”. In particolare, questo tipo di virus sarebbe stato individuato in un bambino malato di polmonite nel 2018 in Malesia e, qualora fosse confermata la notizia, esso rappresenterebbe l’ottavo Coronavirus fino ad oggi conosciuto in grado di infettare gli esseri umani.



La scoperta suggerisce che i Coronavirus stiano iniziando a trasmettersi dagli animali agli umani più frequentemente di quanto si fosse pensato fino a questo momento. Il dottor Gray della Duke University ha ribadito infatti che “questi Coronavirus sono in grado di passare agli esseri umani con più facilita di quanto sapessimo fino a questo momento. La maggior parte dei test diagnostici condotti in ospedale seleziona unicamente le tipologie di virus conosciute, ecco perché fin qui non abbiamo avuto dati su queste nuove forme”.



NUOVO CORONAVIRUS DA CANE A UOMO, LA SCOPERTA IN MALESIA

Come si legge nel prosieguo dello studio pubblicato su “News medical life sciences”, il nuovo Coronavirus in grado di passare dal cane all’uomo è stato individuato nella zona di Sarawak, nella porzione orientale della Malesia, nella quale, secondo il dottor Gray, esistono numerosi Coronavirus canini che circolano e che, evidentemente, sono in grado di attaccare l’uomo. Sarawak potrebbe essere il luogo più adatto per individuarli e studiarli, considerato il fatto che si tratta di un’area equatoriale caratterizzata da una ricca biodiversità. Tuttavia, dalla Duke University si sottolinea con forza come non sia ancora il momento di lasciarsi andare ad allarmismi, peraltro ingiustificati dalle evidenze scientifiche attualmente disponibili: “Molti di questi passaggi non trovano sbocco e spesso il Coronavirus canino non aggredisce l’uomo. Tuttavia, se realmente vogliamo attenuare la minaccia ed evitare che si possa sviluppare una nuova pandemia, abbiamo bisogno di una migliore sorveglianza nei luoghi in cui gli esseri umani e gli animali si integrano maggiormente e fra la gente ospedalizzata”.

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