Non basta essere avvocati, e neppure ben conosciuti. Sbaglierebbe anche chi pensasse che per arrivare alla vicepresidenza del Consiglio superiore della magistratura sia sufficiente essere, come si suol dire, “indicati” da un partito di governo. Fabio Pinelli è soprattutto un punto di riferimento acquisito della scuola padovana di diritto che ha sfornato, insieme a Roma, Milano e Napoli giuristi di valore. Ghedini ne fu uno, anche lui penalista e molto più di Pinelli politicamente esposto. E se tra i riferimenti di Pinelli non fosse preferenziale quello con Salvini, ma con Zaia? Questo farebbe comunque pensare ad un accordo che la Lega tutta, da sola, ha chiuso per sé blindando per la propria sola parte la poltrona più importante. Altro errore. Pinelli, a sinistra, ha un eccellente amico a cui ricambia stima. Luciano Violante, ancora oggi autorevolissima riserva della Repubblica e punto di riferimento della sinistra in materia di giustizia, condivide con Pinelli l’esperienza, come socio, nella fondazione Italiadecide nonché nella Fondazione Leonardo. E Violante non nasconde la sua stima per il neoeletto vicepresidente.



Ma c’è di più. Lo sponsor politico, di qualsiasi colore, non sarebbe in ogni caso stato sufficiente. Meno che mai lo sarebbe stato in una stagione come questa, dove occorre trasversalità e soprattutto il riconoscimento di valore e di standing da parte dei membri togati. Pinelli ha saputo tessere una trama di relazioni solide, non occasionali, con esponenti della magistratura di qualsiasi corrente. Basta ricordare con quanta dedizione e determinazione ha costruito convegni su convegni con l’associazione “Padova Legge”, dove i relatori erano i vertici della magistratura e talvolta anche del governo in carica. Senza tutto questo, Pinelli non sarebbe mai arrivato a fare il vicepresidente del Csm.



A ben vedere questa trasversalità è forse la maggiore garanzia che si può avere sul tema giustizia in questa fase molto delicata. Ed è per questo che, nonostante la sconfitta, le anime della sinistra della magistratura non hanno troppo alzato la voce per la prima nomina espressa a maggioranza dal Csm di un esponente del centrodestra. Nessuna barricata, nessun richiamo alle armi.

Soprattutto questo Csm deve affrontare le delicate riforme in materia di giustizia che Nordio (altro giurista veneto, non un caso) si accinge a scrivere. Dopo la bufera Palamara, con le riforme alle porte e la sempre invocata separazione delle carriere, il duo di scuola veneta Pinelli/Nordio guiderà il Paese sulle politiche giudiziarie ma segnerà anche la carriera di tanti magistrati che dal Csm passano per vedere accolte o frustrate per sempre le loro ambizioni. E di questi tempi, sapere che esiste un link tra le diverse sensibilità, di cui il vicepresidente è garante, può aiutare – e non poco – il governo a gestire lo spinosissimo dossier giustizia.



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