Il primo e finora unico Dpcm del governo Draghi è incostituzionale. Non a caso i retroscena attribuiscono al presidente del Consiglio la volontà di abbandonare i Dpcm, e con essi il “metodo Conte”, per tornare ai decreti-legge.
Sarebbe la cosa più saggia, secondo Giulio Salerno, ordinario di diritto pubblico nell’Università di Macerata. Infatti proprio ieri un giudice di Reggio Emilia ha assolto due coniugi usciti di casa nel marzo 2020 con autocertificazione falsa, sancendo l’illegittimità del Dpcm dell’8 marzo 2020. Le stesse argomentazioni addotte dal Gip – spiega Salerno – valgono per il Dpcm di Draghi.
Oggi il capo del governo dovrebbe presentare il piano vaccini e il Consiglio dei ministri modificare il Dpcm in vigore pr introdurre nuove restrizioni. Non sono gli unici problemi che vanno affrontati nel rispetto di quanto previsto dalla nostra Carta fondamentale: la libertà di vaccinazione (dopo l’allarme AstraZeneca e il blocco di 500mila dosi), il suo eventuale obbligo per la ripresa economica, e il rapporto del governo con le regioni, che, secondo Salerno, per produrre risultati dev’essere di massima collaborazione e “non verticistico”.
Un giudice di Reggio Emilia ha assolto due coniugi usciti di casa nel marzo 2020 con autocertificazione falsa, sancendo l’illegittimità del Dpcm dell’8 marzo 2020. È illegittimo anche il primo e finora unico Dpcm del governo Draghi?
Già nel dicembre del 2020 il Tribunale di Roma, seppure con riferimento a una questione civilistica, ha disapplicato una disciplina posta da un Dpcm collegato all’emergenza sanitaria, in quanto ha ritenuto che tali Dpcm siano costituzionalmente illegittimi perché, in quanto atti amministrativi, non possono porre limiti ai diritti costituzionalmente garantiti. La recentissima decisione del Gip di Reggio Emilia, in sostanza, riprende la medesima argomentazione, che è replicabile nei confronti del primo Dpcm del Governo Draghi.
Qual è il suo commento?
Lo abbiamo detto sin dall’inizio dell’emergenza: queste decisioni giudiziarie erano senz’altro prevedibili, alla luce dei gravi dubbi sulla legittimità costituzionale dei Dpcm utilizzati per sospendere diritti garantiti dalla Costituzione.
Che cosa bisogna fare per evitare queste gravi incertezze?
È opportuno che il Governo rinunci all’adozione dei Dpcm e si ritorni nell’alveo della Costituzione, utilizzando in via esclusiva la decretazione d’urgenza. Né vale sostenere che i Dpcm troverebbero “fondamento” nei decreti-legge, dato che è evidente che la sospensione dei diritti dipende da quanto disposto dai Dpcm stessi. E ciò è del tutto incompatibile con la nostra Costituzione.
In diversi paesi europei, Italia compresa, ci sono stati casi di decessi (5 nel nostro paese) successivi alla vaccinazione con AstraZeneca. È un problema che mette a rischio un’intera campagna vaccinale. Ci si può legittimamente rifiutare di vaccinarsi?
Finora il Parlamento non ha introdotto una norma di legge che impone l’obbligo di sottoposti ai vaccini collegati al Covid-19, e va ricordato che soltanto con espressa previsione legislativa può essere imposto tale obbligo (art. 32 Cost.). È evidente che l’obbligo di vaccinazione per il Covid-19 non può essere imposto neppure in via indiretta.
Cosa significa?
Ad esempio interpretando in modo estensivo altri obblighi imposti dalla legge con ben altri scopi, per esempio a fini di sicurezza sul lavoro. Chi ipotizza queste scorciatoie favorisce una vera e propria “frode alla Costituzione”.
Eppure si pensa di usare le aziende come poli di vaccinazione per i dipendenti. Cosa suggerisce al governo dal suo punto di vista di costituzionalista?
Premesso che l’obbligo di vaccinazione è costituzionalmente legittimo nel momento in cui il trattamento sanitario è rivolto a tutelare nello stesso tempo sia la salute individuale che quella collettiva, il legislatore può imporre l’obbligo di vaccinazione anche per specifiche categorie di soggetti, qualora sussistano ragioni sufficienti e dunque ragionevoli che lo giustifichino.
Un obbligo senza appello?
La Costituzione dispone che l’obbligo della vaccinazione sia subordinato al limite del “rispetto della persona umana”, limite che può essere inteso anche con riferimento alle specifiche circostanze e condizioni nelle quali la persona stessa si trova.
L’aumento dei contagi e dei ricoveri è avvenuto proprio quando il governo Draghi varava il suo primo Dpcm. Ma il Dpcm in vigore deve essere già riformato. È lo strumento giusto per arginare i contagi?
Ribaditi i non pochi dubbi sull’impiego del Dpcm come strumento utilizzabile per sospendere i diritti costituzionalmente garantiti, è opportuno affrontare in modo sistematico e complessivo la disciplina delle misure restrittive nel rispetto della Costituzione e, in particolare, delle competenze del Parlamento e del Capo dello Stato. Soltanto con il rispetto delle forme, come i giuristi ben sanno, si può assicurare nello stesso tempo la garanzia di quanto è “contenuto” nella Costituzione a tutela delle nostre libertà e contro ogni arbitrio.
Altrimenti?
Altrimenti si trasforma l’emergenza sanitaria in un permanente “Stato di emergenza”. È indispensabile dettare una disciplina legislativa che stabilisca in modo organico e preventivo a chi spetti intervenire ed entro quali limiti, prevedendo opportuni controlli e specifiche garanzie.
Come valuta l’introduzione di nuove restrizioni dal punto di vista del rapporto Stato-regioni e dell’obiettivo finale da perseguire, la salute dei cittadini?
Tra gli errori commessi dal Governo Conte, anche se in seguito parzialmente corretti, ve ne sono stati due particolarmente gravi: la concentrazione del potere emergenziale nelle mani del presidente del Consiglio e la mancanza della ricerca di vera condivisione con le regioni. Avere riannodato i fili della collaborazione istituzionale tra Stato e regioni è un passo indispensabile per garantire alle misure restrittive la necessaria corrispondenza alle differenti situazioni presenti nel territorio nazionale. Con in più un elemento importante.
Quale?
Quanto più le misure sono condivise, tanto più saranno concretamente applicate e osservate in quanto favorevolmente accolte e sostenute anche dalle autorità regionali.
Si attribuisce al piano vaccini del governo, non ancora ufficialmente reso pubblico, il proposito di razionalizzare e rendere omogenee le iniziative regionali in essere. È la cosa giusta?
La genericità delle previsioni contenute nel piano vaccinale, ad esempio circa le categorie delle persone da vaccinare, era in parte giustificato dalle notevoli incertezze che dominavano quel particolare momento in cui il piano è stato redatto. Adesso è indispensabile disegnare il quadro chiaro dei principi che devono regolare in modo unitario la campagna vaccinale sull’intero territorio nazionale. La definizione di questi principi, a sua volta, non può essere il risultato di decisioni verticistiche, ma deve scaturire dall’effettiva consultazione delle autorità competenti sul territorio.
In caso contrario?
Si rischia di dettare norme di difficile se non impossibile implementazione.
(Federico Ferraù)
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