L’idea che gli italiani non abbiano capito le ragioni della crisi – come ripetono alcuni media, basandosi su sondaggi più o meno plausibili – fa torto all’intelligenza degli italiani ed è soprattutto fuorviante.
La crisi è esplosa dopo lunghi mesi in cui ha covato nella maggioranza e all’interno dei singoli partiti che la compongono, perché alcuni orientamenti, come il Mes, sono apparsi divisivi, perché è mancata la collegialità, come nel caso dei servizi segreti, e, last but not least, perché in assenza di una strategia nei confronti della pandemia si sono manifestati più appetiti insani che buoni propositi, come testimoniano il caos dei vaccini e le critiche al Recovery Plan (Piano di ripresa e resilienza).
Su questa realtà, ben visibile ad ognuno, si sono poi innestati dei personalismi, dove il conflitto tra Conte e Renzi, cioè tra due caratteri che tendono a personalizzare il potere e a rimuovere gli altri, è prevalente, ma non è l’unico. Accanto a questo, infatti, vi è certamente quello tra Conte e Di Maio, che vede sfumare la possibilità di occupare la presidenza del Consiglio, e quello tra Zingaretti, che afferma una cosa e ne fa un’altra, e Renzi.
Tutto questo è chiaro e ben compreso da tutti. Ciò che invece corre il rischio di non essere compreso dagli italiani è la soluzione che sembra approntarsi, grazie al mandato esplorativo conferito dal presidente Mattarella al presidente della Camera Fico. Infatti, pensare di risolvere la crisi di governo con un Conte 3, fatto con l’identica maggioranza, compresa Italia viva che resta in posizione determinante, appare veramente qualcosa di incomprensibile, rispetto al tempo perso e al lavoro che bisognava fare nell’elaborazione del Recovery Plan e nell’approvvigionamento dei vaccini. Davanti all’opinione pubblica questo comportamento sarebbe una colpa che espierebbero non i politici, ma gli italiani, e ciò potrebbe ingenerare il pericolo di una qualche reazione o di una certa disobbedienza.
La soluzione più auspicabile della crisi di governo sarebbe stata certamente la sostituzione di Italia viva con una forza politica già presente in Parlamento che avrebbe potuto, sulla base di un’intesa di maggioranza, entrare nella compagine di governo, e l’idea va subito a Forza Italia. Tuttavia, per quanto questa mostri disponibilità e condivisione di valori europei, non c’è stato niente da fare, sia perché, anche qui, il tatticismo ha avuto la meglio sulla strategia, sia perché l’emancipazione di Forza Italia dal resto del centrodestra si scontra con gli errori compiuti dal Partito democratico nei confronti di Berlusconi. Non si può fondare la propria politica solo sull’antiberlusconismo per oltre un ventennio e poi, improvvisamente, chiedere in una condizione di precarietà politica la solidarietà di Berlusconi.
Anche la protervia con cui si vogliono impedire maggioranze di unità nazionale indica l’intento soprattutto del Pd, con un M5s ormai in aperta crisi di consenso, di volere decidere a tutti i costi sulle risorse del Recovery Fund e soprattutto su una presidenza della Repubblica che andrebbe sino al 2029, ben oltre la durata della prossima legislatura. Per le stesse ragioni nessuna forza politica di maggioranza, compresa Italia viva, vuole le elezioni anticipate delle Camere, che rigenererebbero sicuramente la vita democratica, ma che altrettanto sicuramente comporterebbero una piena assunzione della responsabilità di governo da parte del centrodestra.
Di conseguenza, dopo il tentativo poco edificante – non per un giudizio morale, che in politica serve a poco, ma solo perché è fallito – di sostituire Italia viva con un gruppo formato da improbabili figure che sono presenti in abbondanza, ahinoi!, in seno al Parlamento, sarebbe preferibile uscire dalla crisi di governo con una chiara “maggioranza assoluta” all’interno delle due Camere, senza che il conflitto dovuto al personalismo tra Conte e Renzi possa minare dal primo giorno ogni azione del nuovo governo.
Pensare che ora si possa superare questo conflitto politico-personale, dopo un’incomprensione così lunga e solo perché si scrive un cronoprogramma o un nuovo accordo di programma, è una pia illusione.
La verità è che nel giro di poco tempo Conte e Renzi sarebbero di nuovo punto e capo, per via di quella semplice regola che “Le pourvoir ne se partage pas” (Il potere non può essere condiviso), per citare il titolo di un celebre libro di Edouard Balladur (Conversations avec François Mitterrand). Inoltre, soprattutto se la resa dei conti dovesse avvenire nel semestre bianco, quando le Camere non potranno più essere sciolte, ognuno dei due contendenti vorrà fare fuori definitivamente l’altro anche a danno dell’Italia.
Ragionevolezza perciò vuole che si decida oggi una soluzione della crisi di governo che eviti il peggio. Di conseguenza, chi vuole una maggioranza di governo con Giuseppe Conte in veste di premier, dovrebbe costruirla senza Renzi, anche cercando ancora altri “responsabili” o auspicando altri “prestiti”; e chi vuole Renzi per avere una maggioranza certa, dovrebbe accettare che Conte sia lasciato al suo destino fuori da Palazzo Chigi.
A questo punto bisogna evitare solo di farsi del male e ricordare che, anche per eleggere il presidente della Repubblica tra dodici mesi, dopo il terzo scrutinio è necessaria almeno la maggioranza assoluta e il déjà vu di un Parlamento incapace di eleggere il presidente della Repubblica lo abbiamo già vissuto.