Sono iniziate le consultazioni al Quirinale e proseguono le trattative tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico per provare a formare un Governo in grado di arrivare fino alla fine della legislatura. Le possibili convergenze tra i due partiti erano state anche oggetto di studio, nella primavera dello scorso anno, da parte di un comitato scientifico guidato dal Professor Giacinto della Cananea, incaricato da Luigi Di Maio di analizzare i programmi di M5s, Pd e Lega. Un comitato di cui ha fatto parte anche Gustavo Piga. «Al di là delle convergenze teoriche, bisogna considerare la sostenibilità di queste alleanze. Che è sempre inestricabilmente legata alla qualità dell’applicazione dei programmi e del contenuto dei programmi stessi», ci dice il Professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato nell’alleanza tra Lega e M5s…
Al di là degli errori tattico-strategici di Salvini, è difficile non pensare che i giallo-verdi si siano in un certo senso arresi. Probabilmente il leader leghista ha anche visto nella manovra autunnale l’impossibilità, in presenza di regole europee come quelle che prevalgono adesso e di un contesto politico di un certo tipo dopo l’elezione di Ursula von der Leyen, di far quadrare il cerchio delle sue promesse di politica economica: in particolare l’introduzione della flat tax senza aumentare l’Iva. Sbaglia però chi ora considera Salvini fuori dai giochi.
In che senso Professore?
Gli europeisti ora si rallegrano per l’uscita di scena di Salvini e dei sovranismi, che in realtà sono stati soltanto messi alla porta e potranno restare in attesa del loro momento. Siamo arrivati all’ultima chiamata per le forze europeiste: se i prossimi due anni non verranno usati bene, sapientemente, con grande visione, Salvini rientrerà dalla porta con tutte le fanfare consentite da un’opposizione basata sui dati concreti di mancanza di occupazione e crescita. E a quel punto sarà davvero a rischio l’Europa. Il punto chiave quindi non è tanto se Pd e M5s troveranno un accordo, ma se esso riuscirà a focalizzarsi su quello che rende possibile e gradevole ai cittadini italiani il progetto europeo. L’Europa si regge sull’Italia, più che l’Italia si regge sull’Europa. Questo vuol dire una cosa per i giallo-rossi e una cosa per l’Europa.
Cominciamo a vedere cosa vuol dire per Pd e M5s…
Che devono fare una cosa straordinaria: abbandonare il loro DNA, procedere a una mutazione genetica. Un obiettivo difficile, ma sfidante.
In concreto cosa significa questo per il Partito democratico?
Che deve rendere coerente la possibilità di fare politiche gradite all’Europa con quelle per la crescita. Il che implica un abbandono totale e definitivo del Fiscal compact di cui il Pd è stato il primo forte sostenitore con la convergenza al pareggio di bilancio. Se il Governo Pd-M5s nei prossimi due anni varerà manovre che mirano al pareggio di bilancio, cosa cui aveva rinunciato la coalizione giallo-verde, andremo verso un burrone. Il Pd deve quindi dire basta al Fiscal compact, chiedere di tenere il deficit al 3% del Pil con spazi per maggiori investimenti pubblici, che sono l’unica leva, prima ancora della domanda privata, che può tirare fuori il Paese da questa crisi. Le dichiarazioni di Zingaretti, che parla di abbassare la pressione fiscale e aumentare la spesa, non fanno ben sperare però: portano a pensare che non si stia ragionando bene su quello che va fatto.
Quale cambiamento sarebbe invece richiesto ai pentastellati?
Devono prendere atto che il reddito di cittadinanza è stato, per loro stessa ammissione, un fallimento totale, visto che la crescita è rimasta ben al di sotto delle aspettative dello stesso Governo. Devono quindi usare le risorse mobilitate per questo intervento per fare investimenti pubblici. In definitiva M5s e Pd devono convergere e per farlo devono rinunciare alla loro identità. Non è facile, ma c’è un’enorme opportunità che viene dal fatto che, come dimostra l’articolo del Financial Times in cui si parla di revisione del Patto di stabilità, in particolare per quel che riguarda la riduzione del debito pubblico, l’Europa è terrorizzata.
Da che cosa?
Forse l’Europa ha finalmente capito che è stato il Fiscal compact a creare il sovranismo. Del resto l’identità di un Paese si vede dalla sua politica fiscale e con il Fiscal compact l’Ue si è data una costituzione fiscale che non ha voluto sentire la voce dei più deboli, di coloro che soffrivano. I quali hanno fatto una piccola rivoluzione che ora spaventa tanto l’Europa: il sovranismo.
Dunque anche l’Europa, come diceva prima, è chiamata a fare la sua parte…
Sì, la costituzione fiscale va interpretata in un modo completamente diverso, non con una convergenza del bilancio verso il pareggio in un momento di difficoltà, ma con un deficit al 3% del Pil fino a quando un Paese non è uscito dalla crisi. Perché ci sia questo cambiamento oggi c’è una doppia opportunità. La prima è rappresentata dal terrore europeo per il sovranismo, la seconda dalla situazione tedesca, che porta la Germania a proporre esattamente le stesse politiche che l’Italia chiede da dieci anni.
Qualcuno potrebbe dire che l’Italia non può varare piani come quelli della Germania perché, visto il suo debito pubblico elevato, non può permetterseli.
Non c’è più un alibi per dire che l’Italia non può fare quello che la Germania può fare perché ha un debito più alto per due ordini di motivi: 1) perché questo comunque genera sovranismo; 2) perché sappiamo che le politiche di austerità in Italia hanno fatto salire il debito tramite il crollo della produzione. Ripeto, siamo all’ultima chiamata, agli ultimi due anni per salvare l’Europa. Se la coalizione Pd-M5s e questa Europa non avranno saputo generare una crescita del 2%, com’è assolutamente necessario per far scendere il debito/Pil via crescita, non ho nessun problema a pronosticare non solo la stra-vittoria dei sovranisiti in Italia, ma anche in Europa, perché il progetto europeo senza l’Italia è un non progetto.
Un conto per la Germania è però varare piani di investimenti infrastrutturali interni, un altro è cambiare le politiche fiscali comuni europee. Dobbiamo sperare che Berlino cambi idea magari spinta dalla Francia il cui Presidente ha parlato della necessità di nuovi strumenti per rilanciare la crescita dell’Europa?
Non conterei sulla Francia, che è stata la più grande delusione di questi anni, non parlo solo di Macron: mentre la Germania ha almeno un’identità chiara, che ha sempre esplicitato, la Francia, che aveva un’identità che poteva bilanciare quella tedesca, in questi anni non lo ha fatto. Credo che veramente tutto passerà per la Germania. Sia perché è in una situazione “analoga” alla nostra, sia perché ha veramente cercato di interpretare in questi anni un concetto di Europa. Si è sbagliata, non c’è dubbio, ha fatto degli errori mostruosi, che hanno generato il sovranismo, ma proprio perché ha pensato di più all’Europa forse la speranza può venire più dalla Germania che dalla Francia. Spero che il fatto che i tedeschi si trovano in questa situazione li porti a essere primus inter pares, a riconoscere i propri errori e a provare a ripartire, cominciando da una costituzione fiscale che garantisca che coloro che sono in difficoltà, come lo sono adesso la Germania e l’Italia, vengano sempre aiutati. Come succede negli Stati Uniti. Non credo ci siano grandi chances che ciò accada, ma è l’ultima opportunità, poi veramente salterà tutto il progetto.
Non è detto però che Pd e M5s raggiungano un accordo. In quel caso cosa si aspetta?
La parola spetta a Mattarella, ma credo che a quel punto l’esito sarà il voto anticipato. Mi sembra però difficile che non nasca una coalizione Pd-M5s. Non sono un esperto di politica, ma è enorme l’interesse che hanno una serie importantissima di istituzioni a che questo Governo parta e cerchi di fare la cosa giusta: la Chiesa, l’Europa, i mercati. Questo per un motivo ovvio: è a rischio effettivamente il progetto di pace europeo. Per questo sono certo che questo Governo si farà: mi sembra impossibile pensare che quest’ultima opportunità per l’Europa non venga colta immediatamente data la paura che tutti gli europeisti hanno avuto nel momento in cui si sono resi conto che il sovranismo ha ormai preso piede stabilmente nel Paese in assenza di una risposta delle politiche giuste. Credo che il Governo giallo-rosso si farà al 99,9%.
Insomma, c’è il timore che andando al voto vinca Salvini…
È ovvio. E da europeista mi lasci dire che è giusto che sia così. Nel senso che se gli europeisti continuano a fare le politiche sbagliate per l’Europa, allora parlino i cittadini e sia dato il voto ai sovranisti. Questa è l’ultima occasione per non far morire l’Europa.
(Lorenzo Torrisi)