Ecco il nuovo corso della politica americana. Mettendosi alle spalle la pessima gestione della ritirata dall’Afghanistan, Washington a nemmeno un mese da quella crisi dà un segnale forte della sua strategia. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Australia hanno rilanciato la loro alleanza strategica ribattezzata “Aukus”, con l’annuncio di fornire a Canberra sottomarini nucleari per aumentare la deterrenza nella sfera indo-pacifica chiaramente in funzione anticinese.



Da qui la rabbiosa reazione di Pechino che ha accusato gli anglosassoni di ricadere in una logica obsoleta da guerra fredda.

L’accordo non prevede solo che nei prossimi diciotto mesi i tre paesi collaboreranno assieme nel settore nucleare, ma segna una passo ulteriore verso il rafforzamento di un’alleanza strategica, anelli centrali di una catena che vede anche Giappone e India stringersi attorno al Celeste impero contro le sue mire revisioniste.



Ai margini come al solito l’Europa che non era stata nemmeno informata dell’accordo, ma ancora di più la Francia, unica potenza nucleare dell’Unione Europea che si vede soffiare un accordo di 31 miliardi di euro con l’Australia per la costruzione di sottomarini a propulsione convenzionale. Fonti del ministero della Difesa francese hanno definito la scelta americana “deplorevole” a causa della rimozione di un alleato europeo anch’esso impegnato a ridefinire la politica nei confronti di Pechino.

Ma il ministro degli esteri di Parigi Jean-Yves Le Drian ha rincarato la dose uscendo dall’usuale linguaggio felpato della diplomazia. “Oggi sono davvero in collera. È una pugnalata alle spalle. Avevamo stabilito con l’Australia una relazione di fiducia e questa fiducia è tradita”. Quanto all’America, “tale imprevedibile, assomiglia molto a quel che faceva Trump” .



Ma al di là delle delusioni franco-europee, rimane l’importanza della nuova vecchia alleanza non più in funzione antisovietica ma contro la potente Cina. Per la prima volta in cinquant’anni, gli Usa condividono una tecnologia nucleare con gli alleati affini e rilanciano la speciale relazione come fecero settantacinque anni fa con l’accordo sull’intelligence detto “Five eyes” e firmato da Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

I nuovi sottomarini daranno alla marina australiana la capacità di avvicinarsi alle coste cinesi controllando le mosse del temibile vicino di casa e faranno di Canberra la settima nazione al mondo ad essere dotata di queste armi dopo Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, India e Russia.

In futuro tale accordo strategico fornirà all’Australia missili da crociera Tomahawk, missili aria-aria per una potenza di 900 km per i caccia, missili anti-nave sempre per l’aviazione; assieme realizzeranno missili ipersonici, missili guidati per le forze di terra. È previsto anche un finanziamento di un miliardo di dollari per l’industria bellica australiana.

Dunque il presidente americano Biden conferma quanto detto e fatto nel caso Afghanistan.

L’Afghanistan in fondo rimane solo un paese alla periferia del mondo, senza nessuna importanza strategica. Se vogliamo fare un parallelo, aveva ragione il vecchio Raymond Aron quando commentando l’impegno americano nel Vietnam lo definì una “peripezia” senza nessuna conseguenza nell’ordine internazionale.

La sfida centrale geopolitica è il Pacifico, l’Oceano Indiano, i veri competitors degli Usa sono Cina e Russia e quando si tratta dell’interesse nazionale americano, l’importanza dei partner e dell’amicizia degli altri paesi è giudicata sul metro dell’interesse materiale più cinico. Anche a costo di subire le ire questa volta di Parigi.

Rimane una domanda. È questo il modo da parte degli Usa di gestire le alleanze? Non c’è il rischio che amici delusi si avvicinino proprio a quei nemici strategici?

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