In Italia le metafore calcistiche sono spesso applicate allo scenario nazionale. In questo momento il presidente del Consiglio Draghi prova l’attacco a tre punte per far ripartire il paese: piano vaccini con organizzazione militare, largo spettro di vaccini disponibili nella complessa finestra che ci porta a settembre e vaccini italiani dall’autunno per chiudere la partita e ripartire nel 2022.
“Entro fine estate conto che tutti gli italiani che lo vorranno saranno vaccinati” ha dichiarato Roberto Speranza. Affermazione forte, ma è ciò che ha sul tavolo Draghi: entro l’estate chiunque lo voglia deve aver la possibilità di vaccinarsi con uno dei vaccini disponibili (incluso lo Sputnik in questa fase).
Raggiungere l’immunità di gregge a tutti i costi entro l’estate con i vaccini disponibili sul mercato è un’operazione complessa, ma secondo fonti governative è da ritenere possibile: Mario Draghi giocherà tutto il suo appeal internazionale e bloccherà qualsiasi cessione di vaccini a terzi; la polemica nata in Francia (l’Italia accusata d’aver bloccato vaccini per l’estero) non lo ha sfiorato.
La finestra marzo-aprile risulta decisiva, non servono grandi calcoli matematici per capire che l’ondata di contagi va contenuta a primavera, annullata a giugno e abbattuta con una campagna vaccinale massiccia entro l’estate che garantisca l’inizio dell’autunno in piena immunità di gregge, da mantenere con i vaccini italiani monodose.
Ora chiediamoci: con i numeri dati da Speranza, matematicamente è possibile raggiungere l’obiettivo entro fine estate?
Partiamo da un dato significativo: oggi viaggiamo a 180mila vaccinazioni al giorno. Le doppie dosi e la temperatura di conservazione per Pfizer aumentano il problema logistico. Il commissario gen. Figliuolo sta lavorando a questi aspetti con approccio e metodo militari: ampio margine di manovra, catena di comando senza perdite di tempo, via le primule di Arcuri, si usano caserme, hangar e l’organizzazione logistica dell’Esercito, che – va ricordato – è tra i primi tre della Nato in Europa.
Qualcuno obietterà: d’accordo, ma la materia prima, ovvero i vaccini da somministrare, ci sono? Per sciogliere questo nodo Draghi ha puntato sulla propria forza di negoziazione internazionale; dal 1° aprile dovrebbe iniziare un trimestre da 50 milioni di dosi. Con questi numeri a fine giugno metà popolazione sarà raggiunta, l’altra metà dovrebbe esserlo a fine settembre, ma a quel punto saranno in fase di stoccaggio i vaccini italiani, saranno garantite milioni di dosi al mese e il paese sarà pronto a mantenere l’immunità di gregge per ripartire nel 2022. I vaccini monodose aiuteranno non poco la distribuzione.
Un altro fattore è l’impiego di AstraZeneca. Il Consiglio superiore di sanità ha dato il parere favorevole alla somministrazione di AstraZeneca su tutte le fasce generazionali. Le percentuali di efficacia di questo vaccino sono inferiori a Pfizer, ma garantiscono una copertura che evita la malattia in forma grave, il che vuol dire meno ricoveri e pressione non elevata sul sistema sanitario, ormai provato da un anno di guerra senza quartiere al virus.
È vero che il siero AstraZeneca, ad oggi, non garantisce una difesa dalle varianti in percentuale significativa, ma il suo utilizzo porterebbe un abbassamento dei contagi importante in un periodo particolare come marzo-aprile.
Le varianti sono una bomba ad orologeria, perché da un punto di vista matematico sono in grado di far saltare qualsiasi modello vaccinale, soprattutto la temibile “amazzonica” che ha reinfettato la città di Manaus (Brasile) dove si era raggiunta l’immunità di gregge ad ottobre con il Sars-Cov-2 classico. Oggi il 44% della popolazione della città è reinfettata, il sistema sanitario è in crisi e molti infetti sono proprio tra i sanitari.
Preoccupano gli effetti combinati: la variante sudafricana che colpisce i più giovani, quella inglese che risulta la più contagiosa e quella amazzonica che provoca più re-infezioni. Le tre varianti insieme possono mettere in scacco qualsiasi sistema sanitario, anche quello tedesco; non per nulla la Germania è in lockdown mirato e non da dicembre.
L’equazione per uscirne? Velocità di esecuzione del piano vaccinale, per evitare che le varianti diventino scarsamente controllabili, e mantenimento delle misure di contenimento con un piano di riaperture bilanciato al contesto. Difficilmente si può uscire da questo paradigma e soprattutto non lo si può fare senza piano vaccinale.
I dati simulati (cfr. “today” nel grafico) dal The Institute for Health Metrics and Evaluation di Washington indicano che abbattendo i contagi entro giugno 2021 grazie all’efficacia di una campagna come quella sopra descritta, si può essere ottimisti. La possibilità di uscirne è a portata di mano, ma serve che il paese sia unito verso l’obiettivo. La normalità che davamo scontata va riconquistata con pazienza, organizzazione e tanto lavoro.