Il governo avrebbe cambiato idea sul prolungamento dello stato di emergenza, anziché il 31 dicembre il 31 ottobre. Si va poi verso la proroga al 31 luglio di tutte le misure restrittive (discoteche, fiere e congressi chiusi, stretta sui voli, vietati gli assembramenti e obbligo di mascherina nei luoghi chiusi) contenute nel Dpcm dell’11 giugno, lo dirà il  Dpcm atteso il 14 luglio. Tutte misure che non piacciono alla popolazione, ma anche a parte del governo stesso. Come ci ha detto in questa intervista Giampaolo Perna, Professore Straordinario di Psichiatria presso l’Humanitas University (Milano) è anche Responsabile del Centro di Medicina Personalizzata per i Disturbi d’Ansia e di Panico all’Humanitas San Pio X , “l’unica certezza oggi è l’incertezza”. Sicuramente, ha detto, “un secondo elemento di chiusura dopo il primo lockdown può avere un impatto negativo nella parte emotiva e mentale delle persone, la cosa importante è che chi ha delle responsabilità, mediche e politiche, comunichi un messaggio chiaro con una coerenza che al momento sembra non esserci”. Perno ci ha citato un articolo uscito sulla rivista Science esattamente cento anni fa ai tempi della cosiddetta spagnola dove, dice, era già anticipato tutto o quasi quello che è successo oggi: “La gente purtroppo dimentica facilmente quello che non è ‘qui e ora’, avremmo avuto una lezione molto utile se avessimo studiato quello che accade cento anni fa”.



Abbiamo faticosamente ripreso la vita quotidiana di sempre dopo il lockdown, cosa potrebbe significare un nuovo allarme emergenza? Il nostro paese è l’unico in Europa a voler prolungare lo stato di emergenza.
Sicuramente è una scelta molto, molto forte che va presa con grandissima responsabilità.

Perché?
La gente durante la prima fase della pandemia era in piene forze a livello mentale e fisico. Sia il personale sanitario che la popolazione hanno combattuto e lottato, accettato e sopportato. Una seconda fase di chiusura e limitazione della libertà può facilmente tradursi in un effetto ancor più negativo a livello della parte emotiva e mentale di molte persone.



In che senso mentale? Ci può spiegare meglio?
Il senso di incertezza facilmente innesca uno stato di allerta in tutti noi. Dunque, comprendere e fare una previsione basata su fatti e non opinioni è un aspetto cruciale per poter mantenere uno stato di equilibrio mentale in una fase ancora difficile. Se in autunno il virus tornerà a essere incisivo sarà necessario mettere in atto tutta una serie di procedure di sicurezza e di limitazione della libertà.

Tornerà cioè la paura?
Sì, la paura e lo stress ritorneranno prepotenti accanto al senso di precarietà economica e questo avrà un inevitabile impatto sul vissuto psichico di moltissimi. La nostra mente riattiverà i ricordi e le immagini più terribili della prima fase della pandemia con un aumento di forme ansiose e depressive. Ricordiamoci sempre che la salute mentale è il motore che ci guida nel combattere e trovare il miglior adattamento possibile in situazioni di crisi, dunque dovrebbe essere messo in primo piano quando si affrontano emergenze che tendono a prolungarsi.



Ma dell’idea di prolungare lo stato di emergenza anche senza una seconda ondata del virus che ne pensa?
Se lo stato di emergenza implicasse semplicemente la possibilità di agire rapidamente e dunque prevenire gli effetti di una seconda ondata, allora, qualora quest’ultima non dovesse presentarsi, non mi aspetto nessun intervento diverso da quelli “standard”. Sarà fondamentale essere molto chiari su cosa si intenda per emergenza e che vi sia un accordo tra gli esperti, accordo che al momento non sembra esserci. Non tutti la pensano allo stesso modo. Non basta poter agire rapidamente, è fondamentale che l’azione sia quella corretta e, purtroppo, l’unica cosa certa oggi è proprio l’incertezza. Ridurre l’incertezza studiando approfonditamente i dati che abbiamo a disposizione è forse l’unica via per prendere decisioni efficaci. Un confronto onesto con le altre nazioni che stanno combattendo questa pandemia è d’obbligo.

La gente dopo il primo lockdown è ancora ricettiva? Abbiamo visto molti esempi di cosiddetti “assembramenti” dove sembra che le persone non si curano più del virus che però è ancora in giro.
Le persone sono sicuramente più stanche, soprattutto per la privazione della libertà che hanno subito, con un aumento della fatica a tollerare nuove limitazioni. La libertà è sicuramente uno dei valori fondamentali e positivi che governano desideri e comportamenti e dopo averla riassaporata, anche se non ancora completamente, il ritorno al suo sacrificio in nome della sicurezza potrebbe essere vissuto negativamente. Oggi, inoltre, si verificano situazioni sociali delicate e complesse in cui convivono persone sprezzanti verso il pericolo che impongono la loro libertà nei comportamenti agli altri, e altre più protettive e ligie alle regole che pretendono il rispetto delle stesse con determinazione.

Questo perché succede?
La nostra reazione dipende sia da come siamo fatti, che dall’educazione che abbiamo ricevuto e dalle informazioni che provengono dai media. Il rischio di un aumento dei conflitti tra chi pensa sia tutto finito e chi, invece, teme il pericolo di una riaccensione della pandemia è aumentato. Soltanto informazioni chiare e basate su fatti, e non semplici opinioni, che siano pienamente coerenti con le decisioni che chi ci governa saprà prendere potrà disinnescare questi conflitti potenziali.

Siamo riusciti a sconfiggere il virus una prima volta, ma al momento l’impressione è che manchino delle linee guida precise, o no?
Più che sconfiggere, direi arginare. Sicuramente la novità della situazione, la sua imprevedibilità e forza hanno reso la fase iniziale molto critica e difficile da gestire. Abbiamo imparato molte cose, migliorato la conoscenza su come curare il COVID ma soprattutto mi auguro che tutti abbiamo compreso quanto sia fondamentale avere una informazione corretta e coerente per controllare la paura e l’ansia che il confronto con questo nemico, fino a ieri implacabile, è capace di innescare. Il nemico adesso è conosciuto, i nostri livelli di attenzione e di ansia sono più controllati per la situazione favorevole attuale anche se persiste l’incertezza legata alle diverse opinioni degli esperti. Purtroppo, invece, non teniamo mai conto della storia: un articolo impressionante uscito sulla rivista Science intitolato “the lessons of the pandemics”, ormai un secolo fa, durante la cosiddetta pandemia spagnola rappresenta esattamente quanto abbiamo vissuto oggi e cosa fare, ma non siamo stati capaci di imparare e anticipare le mosse.

Questo perché, colpa di chi si succede ai governi?
Non è obbligatorio attribuire una colpa, la mente umana si occupa del qui ed ora, eventi negativi e rischi che non sono vicini a noi, tendiamo a non sentirli veramente come nostri. Pensiamo ai bambini che muoiono di fame in Africa da decenni. A parole tutti sono d’accordo di aiutarli, ma nella vita quotidiana c’è la tendenza a non guardare cosa accade lontano da noi. Analizzando le varie epidemie che si sono succedute potevamo forse mettere in campo strategie preventive più efficaci ma nessuno si aspettava un impatto del genere di questa pandemia, soprattutto in Lombardia. Penso comunque che si sia fatto quello che si poteva fare e confido che non essendo più il nemico così sconosciuto, la società sia in grado di mettere in atto contromisure più efficaci. Se dovessi scegliere un aspetto su cui concentrarsi, forse bisognerebbe porre una maggiore attenzione a bambini e giovani.

Come mai?
Va ricordato che l’impatto a livello mentale e psicologico dei rapporti sociali e dei contatti fisici, quando si deve costruire il mondo emotivo ed affettivo, è molto importate nei nostri bambini e per i nostri adolescenti. Creando il distanziamento tocchiamo questo aspetto molto delicato. Il distanziamento ha un prezzo, ogni volta che ci mettiamo in sicurezza intacchiamo degli aspetti di libertà personale che aiutano a esplorare la vita, il mondo e gli altri. E’ fondamentale che chi prende le decisioni abbia una conoscenza approfondita della situazione, il supporto di una equipe di esperti, anche in salute mentale, e soprattutto una forte coscienza e consapevolezza etica e morale.

In sostanza, come vede il prossimo futuro?
erdeL’attenzione non va ancora abbassata. Una ripartenza della pandemia avrebbe conseguenze mentali e sociali pesantissime come pure il ripristino di privazioni della libertà personale e sociale che si rivelino inutili. E’ un momento delicato in cui sarebbe auspicabile una collaborazione di tutti nel prendere decisioni responsabili per il futuro nostro e dei nostri figli piuttosto che lasciare a pochi questo pesante fardello.

(Paolo Vites)

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