Un nuovo virus, denominato RhGB07, è stato trovato in alcuni esemplari di pipistrelli nel Regno Unito: è simile al Covid-19 tanto che potrebbe, secondo gli esperti, arrivare ad infettare anche gli esseri umani. Gli scienziati, come riportato dal Daily Mail, hanno scoperto in questi animali due agenti patogeni che finora erano sconosciuti, entrambi appartenenti alla famiglia di quello che ha scatenato l’ultima pandemia. L’altro, il RfGB02, tuttavia, non ha mostrato segni di capacità di essere trasmesso all’uomo.
Per quel che concerne la minaccia relativa al RhGB07, gli studiosi di pipistrelli invece ritengono che, seppure minima, sia concreta. Il tutto dipende dalle mutazioni con cui il virus si adatta ad un nuovo ambiente, che non sempre sono prevedibili. Alcuni esperti credono in tal senso che il cambiamento climatico e l’aumento dell’urbanizzazione abbiano aumentato il rischio di malattie zoonotiche, ovvero quelle che possono diffondersi dagli animali all’uomo e per il loro potenziale scatenare pandemie. In molti ritengono che il Covid sia passato agli umani dai pipistrelli in Cina, potenzialmente attraverso una specie intermedia come il cane procione o il pangolino.
Nuovo virus nei pipistrelli in Uk: simile a Covid, RhGB07 è una minaccia
Dei nove virus riscontrati sui pipistrelli durante la ricerca condotta da diverse istituzioni tra cui l’University College di Londra, il Francis Crick Institute e l’Imperial College di Londra, soltanto il RhGB07 è stato identificato sia come nuovo che come potenzialmente trasmissibile all’essere umano, seppure in modo “non ottimale”. Per fare un confronto, gli scienziati hanno affermato che la capacità di legame della proteina spike di quest’ultimo al recettore ACE-2 era “17 volte inferiore” a quella del Covid-19. Tuttavia, è stato dimostrato in altre occasioni che anche una singola mutazione può aumentare notevolmente tale capacità.
Nella loro analisi finali, i ricercatori hanno anche scoperto che i nuovi virus hanno la capacità di ricombinarsi con altri virus. Ciò in teoria, accelerare il loro adattamento a infettare nuovi ospiti, ad esempio in un’ipotetica co-infezione con una persona che ha già il Covid-19. “In virtù di questo, non si può escludere la possibilità di un futuro salto dell’agente patogeno negli esseri umani, anche se il rischio è minimo. È per questo motivo che una continua sorveglianza dei coronavirus di origine animale dovrebbe essere una priorità per la salute pubblica”, conclude lo studio.