Ci sono tanti temi per i quali l’Europa è divisa, tra questi c’è l’etichettatura nutrizionale. Infatti, la Commissione Ue avrebbe dovuto proporre un logo nutrizionale armonizzato entro la fine dell’anno, ma le divisioni tra gli Stati stanno bloccando il processo. E in Francia si punta il dito contro l’Italia per la protesta contro il Nutriscore. A farlo è Le Monde, che riporta la posizione italiana, secondo cui la scelta di usare cinque lettere (A, B, C, D, E) sui prodotti alimentari rischiano di discriminare i prodotti eccellenti, distruggere tradizioni millenarie e danneggiare l’identità del Paese. Questa battaglia è in corso da diversi anni. Le scintille sono cominciate nel maggio 2020, quando la Commissione europea ha presentato la strategia “Farm to Fork” per una alimentazione sana e sostenibile, lanciando l’idea di un’etichettatura nutrizionale comune per tutti gli Stati membri dell’Unione europea.



Di fronte alla ribellione di alcuni di essi, trasformatasi in una battaglia diplomatica, tarda ad arrivare una proposta legislativa. Fino a quest’estate il Nutriscore sembrava in vantaggio rispetto ad altri sistemi sperimentati in Europa. Come funziona? Assegna un voto da A a E e un colore da verde a rossa a seconda della composizione dei prodotti. Attualmente è adottato da sette Paesi europei, tra cui Francia, Germania, Spagna e Svizzera, ed è convalidato da un centinaio di studi pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed, oltre ad essere acclamato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro



PERCHÈ ITALIA CONTRARIA A SISTEMA NUTRISCORE

L’opposizione dell’Italia si sta facendo sentire di più da quando si è insediato il governo Meloni. Le Monde riporta la posizione della premier, che durante la campagna elettorale ha contestato Nutriscore, parlando di un sistema «assurdo», «discriminatorio» e «penalizzante» per i prodotti italiani. Ancor più duro l’alleato Matteo Salvini, che lo ha definito uno «sporco trucco» inventato dalle «multinazionali» e un «piano segreto» ordito dall’Europa contro l’Italia. Perché Nutriscore danneggerebbe l’Italia? Ad esempio, il rosso D o E verrebbe attribuito al prosciutto di Parma, al formaggio Gorgonzola o al Parmigiano Reggiano, perché essendo salumi e formaggi grassi e salati vanno consumati con moderazione. L’olio d’oliva verrebbe classificato B, meno di una bibita dietetica. Quindi, molti prodotti italiani verrebbero penalizzati, di fatto si andrebbe ad attaccare la dieta mediterranea, così come un settore agroindustriale che rappresenta l’8% del Prodotto interno lordo. Il gruppo Ferrero sin dai primi dibattiti si è opposto a Nutriscore e si rifiuta di applicare il logo ai suo prodotti, in particolare la Nutella. A Le Monde ha spiegato di essere «favorevole a un’etichettatura armonizzata sulla parte anteriore degli alimenti», ma con «un principio chiave: tenere in debito conto il ruolo delle porzioni in una dieta equilibrata». Invece Nutriscore valuta tutti i prodotti in base allo stesso parametro di 100 grammi o 100 millilitri.



NUTRISCORE, COMMISSIONE UE VICINA A POSIZIONE ITALIA?

Le Monde parla, dunque, di una convergenza in Italia tra produttori, industriali e politica. «Per anni l’Italia ha bloccato qualsiasi misura di salute pubblica che considerava contraria ai suoi settori economici», attacca l’epidemiologo francese Serge Hercberg, per 16 anni capo del Programma Nazionale Nutrizione e Salute, il cui team è alla base del Nutriscore. Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), nel marzo 2021, quando era consulente del Ministero della Salute per l’epidemia Covid, era finito nella bufera perché firmò con 300 colleghi europei una petizione a favore di Nutriscore. «Ero semplicemente diventato un traditore del Paese», ricorda ora, preferendo non tornare sul tema. Non è l’unico scienziato italiano che mantiene un profilo basso sul tema. La strategia anti Nutriscore italiana comunque ha dato i suoi frutti, perché i dubbi si sono insinuati all’estero. L’Italia, secondo il quotidiano francese, ha attirato dalla sua parte Grecia, Cipro, Romania, Lettonia, Repubblica Ceca e persino l’Ungheria, che è principalmente favorevole a non fare nulla. Inoltre, negli ultimi mesi la Spagna si è mostrata più ambigua sul tema. Dunque, solo Parigi e Berlino restano le voci più impegnate a favore del Nutriscore, ma si sentono meno. La Commissione Ue tace, ma i segnali sembrano vedere favorita la posizione italiana. «Stiamo esaminando tutti i sistemi di etichettatura nutrizionale del continente europeo (…). Nessun algoritmo è perfetto», ha dichiarato a settembre la direttrice ad interim della Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare, Claire Bury, in una conferenza organizzata dal sito Politico. «Con Nutriscore non siamo ancora a posto. Trovo difficile capire cosa significhi. Perché un prodotto trasformato dovrebbe avere un Nutriscore migliore di un prodotto naturale?», ha dichiarato a fine novembre il primo vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans.