Il Financial Times, con un gioco di parole più preoccupato che ironico, ha scritto che nel corso del G-7 in programma il prossimo fine settimana il Fmi presenterà un «instability report» sulla finanza internazionale. Intanto, sui grandi “media” globali impazza in questi giorni il tiro ad Alan Greenspan, l’ex presidente della Fed, serio candidato al ruolo di simbolico capro espiatorio delle peggiori turbolenze verificatesi sui mercati da almeno 50 anni. L’uomo – è questo il capo d’accusa ormai “di consenso” – avrebbe assecondato troppo lo sviluppo della finanza mobiliare (in particolare di quella strutturata) e del “credito facile”, trainati dalla bolla immobiliare. Lui si difende accusando le grandi banche d’affari di aver volontariamente allentato i sistemi di controllo del rischio sia proprio che per i prodotti venduti alla clientela pur di “drogare” i ritorni sull’investimento su periodi sempre più brevi.



Ma il successore di Greenspan, Ben Bernanke, non sta meglio: Paul Volcker, capo della Fed ala cavallo tra gli anni ’70 e ’80, ha affermato che il recente salvataggio di Bear Stearns, pilotato da Bernanke con decine di miliardi di dollari pubblici, è «ai limiti della legalità». Non stupisce che in questo clima a presentare il rapporto dell’International Intitute of Finance (Iif) sia stato ieri Josef Ackermann: il presidente della Deutsche Bank, reduce dall’aver svalutato 2,5 miliardi di euro di attività colpite dal richio-subprime. Ackermann è da anni in bilico ai vertici della più grande banca tedesca anche per il coinvolgomento in vicende giudiziarie che però sono state il risvolto della competizione sempre più esasperata sui mercati finanziari. Ma per paradosso, il banchiere tedesco è oggi tra i candidati alla guida dell’Ubs, il gigante elvetico semiaffondato da oltre 15 miliardi di perdite su asset.



Riusciranno mercato e banche – sconvolti da un’ondata di perdite ormai stimata mille miliardi di dollari – a ritrovare stabilità, certezze e quindi credibiità? Il Rapporto Iif (che raccoglie 375 istituzioni finanziarie internazionali), batte ancora sul tasto dell’autodisciplina in termini di maggior trasparenza verso l’esterno e di ritorno a “best practices” gestionali, soprattutto sul fronte del controllo del rischio e della liquidità. Quest’ultima si sta lentamente riformando sia nei bilanci dei grandi intermediari, sia nei portafogli degli investitori individuali. E il rallentamento del mercato può avere già di per sè effetti benefici, anche se fatalmente ridurrà la redditività delle banche. Ma sembra difficile che un sistema globale tanto integrato quanto scosso possa ritrovare efficienza ed efficacia senza riforme strutturali che – soprattitto in Europa – potrebbero tradursi nel rafforzamento della Bce e nella creazione di nuove agenzie di vigilanza sovrannazionale. Le prime risposte arriveranno da Washington già nel fine settimana che, in Italia, chiarirà anche i nuovi scenari politici

Leggi anche

Ue chiede alla Cina di trasferire brevetti sulle batterie auto/ Sarà requisito per aprire aziende in Europa