Il Governo Berlusconi ha esordito promettendo subito più tasse alle banche e obbligandole a un accordo immediato sul caro-mutui: Draghi ne parlerà, apprezzerà ma si preoccuperà di rimarcare (magari discretamente) che la Banca d’Italia da sempre sollecita le banche a buoni rapporti con la clientela, che l’alta vigilanza sul sistema creditizio resta sua (non del ministro dell’Economia Giulio Tremonti) e che indebolire i bilanci delle banche nell’attuale crisi finanziaria può essere rischioso.

Il Governo Berlusconi vuole abbassare le tasse alle famiglie alle imprese – per rilanciare i consumi e quindi l’economia – e promette di abbassare la spesa pubblica (Piano Brunetta contro i “fannulloni” della pubblica amministrazione): Draghi non contesterà la strategia, ma metterà in guardia sul fatto che i tagli al costo del personale pubblico non restino sulla carta.

Il Governo Berlusconi è impegnato a realizzare il federalismo fiscale: Draghi avvertirà dei rischi di caos tributario, di esplosione di spesa e indebitamento (soprattutto nelle regioni già finanziariamente deboli, al Sud), di timori per la coesione economico-sociale.

Crisi subprime: Draghi ammetterà che la crisi è stata pesante, che i mercati e alcuni grandi intermediari nel mondo hanno rivelato debolezze e cattiva gestione. Ricorderà le sue 65 raccomandazioni come presidente dell’International Financial Stability Forum, recentemente approvate dal G8: basta con la proliferazione della finanza strutturata; più cooperazione tra le authority finanziarie dei vari paesi; basta con le stock-option che minano le basi del buon management in banca; trasparenza totale sulle perdite ancora presenti nei bilanci. Da Draghi è attesa una difesa soft dei salvataggi bancari pubblici operati d’urgenza dalla Fed (Bear Stearns) e dalla Bank of England (Northenrn Rock): sarebbe stato meglio che il mercato avesse ritrovato da solo i suoi equilibri.

Credito e impresa: meno “finanza per la finanza” e più attenzione ai bisogni reali delle imprese (in questo lanciando un tacito benvenuto al nuovo presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che l’ha chiesto apertamente al suo debutto). E quindi adozione progressiva, ma non rigida del nuovo sistema di Basilea 2, sul controllo dei rischi di concessione del credito, soprattutto alle imprese piccole e medie.

Euro: Draghi, membro tra i più influenti del consiglio dei governatori della Banca centrale europea, difficilmente si scosterà dalla linea di fermezza tenuta dal presidente della Bce Jean Claude Trichet. L’inflazione (che si sta rinfocolando pericolosamente per il rincaro del petrolio e delle materie prime alimentari e industriali) resta il nemico principale da combattere.

Competitività: il rifiuto della politica di “svalutazione competitiva” (come usava fare in passato l’Italia con la lira) sarà prevedibilmente collegato da Draghi all’invito alle economie europee a non chiudersi in un neo-protezionsimo. La ricerca di uno spazio concorrenziale rispetto alle imprese dei “nuovi mondi” (dalla Cina all’India, al Sud America, alla stessa Africa) deve svilupparsi “in avanti”: nella crescita di imprese a più alto contenuto di tecnologia e di conoscenza in genere; non con la “guerra delle valute” o con le barriere doganali. Qui si registrerà prevedibilmente il disaccordo più forte con le idee di Tremonti.
(Foto: Imagoeconomica)