Due giorni dopo il giuramento di Barack Obama, il ministro più atteso e forse più importante della nuova amministrazione (più ancora del segretario di Stato Hillary Clinton) ha ricevuto il via libera dal Senato. Si tratta di Tim Geithner, successore di Hank Paulson al Tesoro: una poltrona da «benvenuti all’inferno», cui Obama già in novembre aveva designato il 47enne presidente della Fed di New York. Un coetaneo e amico personale del neo-presidente, perché il padre di Geithner era il supervisore della Fondazione Ford in Asia negli anni in cui la madre di Obama sviluppava in quell’ambito progamma noprofit di microfinanza in Indonesia. Ma neppure un curriculum da vero ragazzo prodigio (conosce il giapponese per aver frequentato le scuole locali) è servito a Geithner quanto l’essere stato letteralmente accompagnato per mano all’audizione finale da Paul Volcker: 81 anni, presidente della Fed dal ’79 all’87. E’ stato lui, con un intervento che non ha praticamente precedenti, a garantire sulle «competenze» e sull’«affidabilità» di Geithner ad affrontare forse la peggiore crisi finanziaria di sempre. Di Volcker era già noto il ruolo di «grande saggio economico» nelle retrovie della campagna elettorale di Obama, che l’aveva formalmente ricompensato con un ruolo che sembrava però soprattutto onorifico: capo dei consiglieri del presidente per la ripresa economica. Una posizione defilata rispetto al capo dei consiglieri economici (Cristina Romer) e al presidente del National Economic Council, Larry Summers, ex rettore di Harvard e colonna dell’amministrazione di Bill Clinton.



Ma dopo il meltdown di Wall Street chiunque abbia vissuto l'”età dell’oro” degli anni ’90 è guardato con sospetto, mentre il segretario al Tesoro della precedente Casa Bianca democratica (Bob Rubin) è finito nel fango proprio in questi giorni: cacciato dalla presidenza della Citigroup dopo l’ennesimo salvataggio pubblico e inserito in una classifica aggiornata di dieci uomini d’affari “più disonesti” Rubin, guarda caso, era arrivato al Tesoro dalla co-presidenza della Goldman Sachs: come Paulson nel 2006. Non è davvero più aria per banchieri di Wall Street e lo stesso Geithner (che era il banchiere centrale di Goldman Sachs, Lehman Brothers, Bear Stearns, Merrill Lynch e Morgan Stanley, etc) ha dovuto pagar dazio.



Volcker, a parte una parentesi giovanile di economista alla Chase Manhattan Bank, ha sempre lavorato nelle università e negli uffici del governo dell’economia. E ha gestito la Fed – nominato da Jimmy Carter ma poi confermato da Ronald Reagan – in anni di ferro. L’Azienda-America gli fu di fatto affidata nella peggiore stagflazione e disoccupazione dopo il ’29 e Volcker ne fu il medico inflessibile. La sua stretta monetaria provocò l’unica protesta diretta contro la Fed a memoria d’uomo, con un grande raduno di agricoltori sotto la sede a Washington. Ma l’inflazione fu stroncata (dal 13% al 4%), Wall Street ripartì e, guarda caso, soffrì il primo capitombolo contemporaneo (ottobre ’87) pochi mesi dopo che Volcker aveva ceduto il posto al repubblicano Alan Greenspan, ultima nomina importante di Reagan. Al cambio della guardia, il New York Times sintetizzò: «La principale differenza “filosofica” tra Volcker e Greenspan sembra essere la visione sulla regolamentazione del sistema bancario: il primo ha resistito alla “deregulation”, il secondo ha fama di essere molto favorevole». Vent’anni dopo Wikipedia dedica gran parte del suo “file” su Greenspan alle sue primarie responsabilità nel provocare la crisi dei subprime: e il Nobel 2008 per l’Economia è andato a Paul Krugman, grande critico del presidente Fed andato in pensione nel 2007.



Volcker, nel frattempo, ha pilotato la delicata commissione d’inchiesta americana sul caso “Oil for food”: e non fece sconti neppure al figlio dell’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan. E l’economista-banchiere continua a guidare il “Gruppo dei 30”, uno dei tanti forum semistituzionali chiamati a monitorare l’evoluzione della macrofinanza. Creato nel 1978 dalla Fondazione Rockfeller, del gruppo fanno parte lo stesso Geithner, il presidente della Bce, Jean Claude Trichet e due italiani: il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e l’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, tra l’altro ex membro dell’esecutivo Bce, ex presidente della Consob ed ex vicedirettore generale della Banca d’Italia. Ed è stato quest’ultimo, assieme a Volcker e all’ex presidente della banca centrale brasiliana Arminio Fraga Neto, ad aver presentato nei giorni scorsi a New York un rapporto aggiornatissimo sullo stato della grande crisi.

“It’s a mess, è un casino” ha sintetizzato brutalmente Volcker. Illustrando assieme a Tps 18 raccomandazioni che vanno nel senso di una sostanziale “ri-regolazione” del sistema bancario. Un approccio nettamente meno ottimistico nell’analisi e più severo nelle valutazioni di quello fin qui seguito dal Fondo monetario internazionale e dal Financial stability forum, presieduto da Draghi: tacitamente al lavoro non solo per consolidare intermediari creditizi pericolanti ma anche per limitare al più possibile le interruzioni di sviluppo di una finanza privatistica e di mercato. Basta invece guardare la richiesta del G30 che contestatissime agenzie di garanzia come le americane Freddie Mac e Fannie Mae escano dall’ambigua collocazione tra pubblico e privato. Ma la sollecitazione più importante è quella di una vigilanza serrata sulle cosiddette “banche sistemiche”: come la famigerata e ormai defunta Lehman Brothers, il cui crack è stato il detonatore della recessione economica.

E non è certo un caso che il “New York Times” abbia anticipato nel fine settimana alcune linee della specifica “dottrina Obama” in arrivo per il sistema finanziario: con regole più stringenti per gli hedge fund (i fondi di investimento più speculativi), gli istituti che stipulano mutui, oltre a una serie di meccanismi di controllo dei prodotti finanziari più nuovi e potenzialmente pericolosi, a partire dai derivati. Altro snodo dei capitoli del piano in essere è dedicato alle agenzie di rating. La nuova amministrazione punta a regole in grado di eliminare i conflitti d’interesse che hanno prodotto paradossi come dare il giudizio migliore a strumenti finanziari cosiddetti esotici all’origine del terremoto della finanza globale. La Casa Bianca vuol voltar pagina in fretta e Volcker è il suo profeta e mentore. Ed è Padoa-Schioppa l’italiano a bordo.