Chissà se il ripiegamento finale delle Generali in Borsa (fin quasi a 17 euro, lontani comunque da 9 di minimo a fondo-crisi) è in parte legato alla “foto di famiglia” che il vertice del Leone ha riservato giovedì sera al Four Seasons di Milano all’ex presidente Usa Bill Clinton.
Il presidente Antoine Bernheim e i due amministratori delegati Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot si sono mostrati uniti, all’indomani dell’ennesimo diniego del presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi, circa l’interesse a trasferirsi in primavera alla guida delle Generali.
Vedremo nei prossimi giorni se in Piazza Affari il titolo “a buon mercato” sarà comprato per l’ennesima volta a mani basse dal gruppo Caltagirone che ha ormai cumulato quasi il 2 per cento, soglia psicologica per un vero “grande azionista”. E si dice che il costruttore romano, sia pronto a sostenere la candidatura Geronzi.
Ma l’84enne Bernheim lascerà veramente (e definitivamente) Trieste all’assemblea di aprile?
Tutto fa ancora propendere per una risposta affermativa, anche se alle Generali le certezze si hanno solo alla sera dell’adunanza dei soci. E nel frattempo è (forse non per caso) l’ultimo editoriale di Milano Finanza a introdurre una nuova incognita.
La congettura su un possibile “vicariato” imposto dalla necessità di cure al premier Silvio Berlusconi getta luce diversa sull’ipotesi di una vicepresidenza affidata al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: ipotesi ora affiancata da una gemella riguardante il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta che però dovrebbe preventivamente essere nominato ministro.
Letta vicepremier sarebbe un oggettiva piattaforma per un passaggio di Geronzi a Trieste, magari sostituito in Mediobanca da un imprenditore come Marco Tronchetti Provera. Il tutto in un contesto condiviso con Berlusconi stesso, il cui “ambasciatore” in Mediobanca e Generali resta Tarak Ben Ammar: grande supporter di Bernheim.
Tremonti vicepremier (all’indomani della "pax bancaria" sottoscritta con i vertici di Intesa Sanpaolo, Unicredit e grandi Fondazioni) sarebbe stata invece un ostacolo per Geronzi.
Quest’ultimo, d’altronde, potrebbe dover pagare un tributo ai grandi azionisti tedeschi di UniCredit (Allianz e Munich Re) sotto aumento di capitale: allontanare un po’ Generali dalla sfera francese di Axa. Che dire, inoltre, di una Fininvest azionista di Mediobanca (con Marina Berlusconi in consiglio) in pressing per fondere Mediolanum nel Leone ricavandone una non piccola partecipazione finanziaria? E’ un altro capitolo della complessa preparazione dell’eredità privata del Cavaliere.
E’ in questo contesto che va silenziosamente prendendo piede – almeno nelle riflessioni di Piazza Affari – l’ipotesi di un ritorno alla tradizione nel top management del Leone: la promozione a presidente di un amministratore delegato. Enrico Randone, Eugenio Coppola di Canzano, Alfonso Desiata, Gianfranco Gutty: a parte lo stesso Bernheim due volte) i presidenti delle Generali nell’era recente (cioè nel quarantennio seguito alla presa di controllo congiunto Mediobanca-Lazard) sono sempre stati scelti nei ranghi della dirigenza interna.
E chi se non l’a.d. "senior" Perissinotto può segnare il ritorno all’ ortodossia?
Dirigente figlio di dirigente (Perissinotto padre ha sempre sovrainteso alle attività agrarie del Leone) sarebbe probabilmente gradito allo stesso Bernheim. Più di un altro personaggio dal nome di casa a Trieste: l’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Oppure del presidente della Bocconi Mario Monti.
Ma che l’ora dei manager stia tornando a battere sui cieli triestino lo preannuncia anche il piglio deciso con cui i manager di Mediobanca (Alberto Nagel e soprattutto Renato Pagliaro) hanno condotto la recentissima assemblea di Piazzetta Cuccia: lasciando non del tutto tranquillo e soddisfatto lo stesso Geronzi.