Allo scadere del secondo anno della Grande Crisi (la banca britannica Northern Rock va in dissesto nell’estate 2007), il sistema bancario italiano si vede recapitare una raffica di conti salati: non c’è solo il gruppo immobiliare guidato da Luigi Zunino (che la Procura di Milano considera insolvente), ma c’è già stata una difficile ristrutturazione come quella in corso presso una casa industriale di gran nome come Pininfarina (purtroppo aggravata dalla prematura scomparsa dell’imprenditore), oppure nella gestione del debito di Tiscali, meteora della New Economy, sempre associata al nome di Renato Soru, tra affari e politica.
Le banche italiane, in ogni caso, sono riuscite ad attraversare la “tempesta di fuoco” di subprime e derivati, ma sono parse ricadere in un vecchio “vizio”: finanziare troppo generosamente imprese o progetti che non avevano il necessario merito di credito o che presentavano profili di rischio eccessivamente elevati. Nel caso di Risanamento, tra l’altro, balza all’occhio immediatamente il business tipicamente terziario e speculativo come quello immobiliare: parente, nella sostanza, della finanza dei subprime, anche se il caso dello “sviluppatore” piemontese attivo soprattutto a Milano presenta casi peculiari, in fondo meno “selvaggi”.
Le aree ex Falck di Sesto San Giovanni e soprattutto l’urbanizzazione di Santa Giulia, a sud della metropoli, sulla carta erano e restano interventi strategici in una zona del paese – oggi a maggior ragione nella prospettiva dell’Expo 2015 – che sembrava poter reggere la riconversione territoriale, economica e sociale di lungo periodo di insediamenti industriali e la nascita di “new town” satelliti.
In fondo il brand del premier-imprenditore Silvio Berlusconi, partito da Milano, è stato questo e le difficoltà crescenti di Zunino sembrano fare definitivamente a pezzi un luogo comune secondo cui l'”immobiliarismo” come categoria deteriore della finanza e dell’impresa aveva il suo baricentro a Roma: capitale per eccellenza anche di tutti i terziari, classici e innovativi. È comprensibile quindi che le banche (Intesa Sanpaolo in testa, seguita da UniCredit e da Banco Popolare, cioè tutti i “giganti del Nord”) stiano facendo il possibile per convincere i magistrati milanesi che gli investimenti di Risanamento vanno valutati in chiave prospettica: esattamente come, a Torino, Pininfarina sta provando a reinventarsi come progettatore di auto elettriche.
Resta però il fatto che le grandi banche dovranno nuovamente sobbarcarsi rinunce pesanti: le perdite non accusate sui portafogli titoli potrebbero quindi spuntare su quelle degli impieghi creditizi, creando nuove preoccupazioni per la solidità patrimoniale (e quindi rendendo ancora una volta attuale il dossier “Tremonti-bond”). Dopo il salvataggio del gruppo Zaleski, ancora una volta le stesse grandi banche finiranno inevitabilmente (e motivatamente) nel mirino per il riservare finanziamenti e attenzioni a grandi iniziative, mentre si moltiplicano le proteste e gli appelli della piccola e media impresa contro il “credit crunch”.
Infine, mentre negli Stati Uniti i magistrati hanno per ora colpito solo un grande gestore di grandi patrimoni (Bernard Madoff) lasciando relativamente tranquilli i banchieri, in Italia, mentre sono ancora aperti i processi Cirio e Parmalat, la Procura “distrettuale” di Piazza Affari torna in pressing sul big business milanese. Il motivo è indubitabile: da mesi la situazione finanziaria di Risanamento è sotto i riflettori, tra l’altro dopo anni di fasti eccessivi per un “Trump italiano” un po’ improvvisato. Però il fatto problematico resta e va ad ingrossare il corposo “contenzioso” tra magistratura e maggioranza parlamentare di centrodestra, ma in fondo anche tra palazzi di giustizia e corpo socio-economico del Paese.
È vero che un grande imprenditore e finanziere come Salvatore Ligresti ha pubblicamente invitato i magistrati a vigilare attivamente sugli appalti dell’Expo milanese. Ma nel pieno della peggiore crisi economica del dopoguerra, non c’è spazio per il lusso dell’incertezza. Per questo in fondo l’augurio – formulato anche dal quotidiano finanziario Il Sole 24 Ore – è che i prossimi giorni siano portatori soprattutto di scelte chiare, tempestive, corrette. Da parte di tutti, e avendo presente che il caso Zunino – come gli altri – non sono affatto “privatissimi”, ma contengono sempre almeno un briciolo di interesse collettivo.