Ci ha pensato lo stesso presidente Lamberto Cardia a prolungare di almeno un paio di settimane la sua iper-proroga al vertice della Consob: mettendo in calendario la lettura della sua relazione annuale a lunedì 28 giugno a Milano, ha fissato un termine minimo per la nomina del suo successore. Che resta incerta non solo nel nome, ma anche nei tempi e nei modi: se è vero (lo riferiva ancora ieri sera l’agenzia Radiocor) che non sono del tutto cessati i tentativi di garantire a Cardia anche solo qualche mese ancora di permanenza formale al vertice della Commissione. Il presidente uscente – nel frattempo – sta producendo il massimo sforzo per apparire “in charge”: allo convention annuale dello Iosco (la federazione mondiale delle authority di Borsa) in corso a Montreal, Cardia ha presentato un dossier congiunto con il leader della britannica Fsa Adair Turner su una vigilanza più stretta sugli hedge fund. Ma – esattamente com’è stato per la pretesa “vittoria” della Consob nella nomina dell’italiano Stefano Jerusalmi nel board del London Stock Exchange, il dibattito accidentato sulla ri-regulation globale difficilmente può sospendere il serratissimo confronto nazionale, tra Roma e Milano, sul “rebuilding” della Consob.

Già un paio di settimane fa questa nota ha segnalato il forte contorno politico dell’impasse-Consob, caratterizzato anzitutto dalla volontà del sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta di mantenere un diritto quasi personale di nomina sull’authority: in chiave di protezione della tecnocrazia romana e di resistenza flessibile al tendenziale rafforzamento “nordista” del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sull’onda delle recenti affermazioni elettorali della Lega. C’è Letta dietro la “proroga di fatto” di Cardia, al suo tredicesimo anno da commissario, al suo settimo da presidente. E c’è sempre il sottosegretario alla Presidenza (leader dell’ala capitolina e statalista del Pdl berlusconiano, un po’ indebolita dalle inchieste G8) a sostenere candidature come quella del presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà o del presidente uscente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone.

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 Entrambi, per ragioni diverse, guiderebbero un’authority di profilo burocratico: un vigile che osserverebbe da lontano il mercato (a Milano o a Londra). Non diversamente, forse, da un terzo nome di pur elevato prestigio come quello di pasquale De Luise, attuale presidente del Tar del Lazio: il magistrato che costruì il laborioso compromesso sulla riforma delle Fondazioni. Ovvio che, nel silenzio ufficiale, Tremonti non rinunci a giocare a questo tavolo il suo background di avvocato d’affari milanese. Viene dal capoluogo lombardo Giuseppe Vegas, oggi viceministro dell’Economia dello stesso Tremonti. E’ milanese d’adozione Marco Onado, economista bolognese che ha già militato in Consob come commissario: uno dei commentatori che hanno accompagnato con più attenzione la legge di tutela del risparmio concepita da Tremonti tra il 2003 e il 2005 a conclusione dei mesi difficili seguiti ai crack Cirio e Parmalat e alle dimissioni di Antonio Fazio dalla Banca d’Italia. Domenico Siniscalco, direttore generale del Tesoro con Tremonti e ministro per un breve intervallo, è lui pure al centro di voci per il nuovo vertice Cobsob, ma è probabilmente al Palazzo di Giustizia di Milano che bisogna guardare: per individuare un magistrato che conosca il mercato sul campo, incarnando le attese di una vigilanza finanziaria più incisiva dopo la grande crisi.

Il nome del procuratore aggiunto Francesco Greco (coordinatore delle indagini finanziarie e Pm del processo milanese contro Parmalat) è da sempre nel toto-nomine: anche per l’assidua partecipazione ai seminari dell’Aspen Italia, l’esclusivo think-tank tremontiano. Negli ultimi giorni, tuttavia, ha preso quota il nome di Renato Rordorf: l’unico magistrato ordinario che finora abbia lavorato in Consob. Rordorf era stato nominato dal governo Prodi I e per cinque anni ha fatto il commissario con i presidenti Tommaso Padoa Schioppa e Luigi Spaventa. Allievo di Vincenzo Salafia (giudice decano a Milano nel campo del diritto societario) Rordorf è giunto al rush finale, pochi mesi fa, nel concorso al Csm per la presidenza della Corte d’Appello di Milano. La carica è poi stata assegnato ad Alfonso Marra, ma solo dopo un duro confronto nell’organo di autocontrollo dei magistrati: a conferma dello standing di Rordorf, più bipartisan di quanto possa far pensare il suo curriculum. A maggior ragione allorché Tremonti sembra alla ricerca – per la Consob – di un candidato credibile anche in quanto politicamente non catalogabile: tanto meno come “berlusconiano”.