Difficile che Angela Merkel si sia a sua volta appassionata all’intenso weekend di passione dell’establishment italiano per la Germania. Che può essere sembrato l’ennesimo “gioco di società” partorito dalla tre giorni settembrina dei Vips Cernobbio. È vero che la prima mossa è giunta proprio da un partecipante al Workshop Ambrosetti – Tommaso Padoa-Schioppa – la mattina dell’apertura dei lavori a Villa d’Este. L’intervista al Sole-24 Ore dell’ex ministro dell’Economia del Prodi-2 non è potuta giungere inattesa ai lettori del sussidiario: più volte avvertiti del peso (ri)crescente di un “banchiere centrale onorario” di rigorosa scuola europea e nondimeno a suo agio nel G-30 presieduto da Paul Volcker.

“La Germania ha avuto ragione, gli Stati Uniti sbagliano, il rigore conta più degli stimoli”, ha detto Tps: noto per le affermazioni che qualche volta sembrano gaffes (“le tasse sono bellissime”, “i bamboccioni si devono svegliare”) ma che raramente sono infondate. Anche in questo caso, potrà non essere piaciuto che a indicare la via tedesca all’exit strategy sia stato il tecnocrate italiano scelto dall’Europa a guida tedesca per marcare stretto il governo di Atene nel salvataggio assistito della Grecia. Ma tant’è: Tps l’euro lo ha costruito davvero lavorando per sette anni nel primo comitato esecutivo della Bce. A Padoa-Schioppa togliete tutto ma non la moneta (la lira o l’euro) che di volta in volta deve difendere. Il suo modello è sempre stato questo: una moneta solida poggia su conti pubblici ordinati e senza questo binomio-piedistallo non possono esserci crescita vera, credito sano, imprese dinamiche e mercati funzionanti.

Si può discutere sul modello, non sul fatto che i dati macro dell’economia globale a metà 2010 abbiano confermato questo schema interpretativo: punendo il neo-keynesismo degli “stimoli” di Obama, premiando l’ultima versione dell’economia sociale di mercato tedesca. Difficile non essere d’accordo, mentre la leadership della casa Bianca, alla vigilia delle elezioni di mid-term, è attaccata ovunque: sia sul fronte economico, che su quello della politica estera. Difficile stupirsi, tornando allo scacchiere italiano, di un’altra affermazione a rischio di “scorrettezza politica” fatta da Padoa-Schioppa: che c’è continuità sostanziale tra l’austerity del Prodi-2 e quella firmata da Giulio Tremonti nel Berlusconi-4 in carica. Che, quindi, la politica economica italiana è sulla strada giusta proprio in quanto “euro-tedesca”.

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Il primo ad applaudire Tps è stato d’altronde l’attuale Governatore, Mario Draghi: preferito cinque anni fa allo stesso Padoa-Schioppa per la guida della Banca d’Italia, Draghi è un italiano adottato dagli Stati Uniti (Goldman Sachs e Fmi-Financial Stability Board) per le sue indubbie capacità di mettere a confronto la cultura economico-finanziaria dell’Europa continentale con quella globalista-liberista di marca anglosassone. Il governatore italiano venerdì era dall’altra parte del mondo – a Seul – per un convegno su Basilea-3: e quando ha detto “L’Italia deve imitare la Germania”, forse si riferiva anche al fatto che Francoforte, proprio nei giorni scorsi, ha tolto il veto all’adozione dei nuovi standard internazionali di vigilanza bancaria, così poco graditi all’Europa continentale e così cari al Financial Stabilty Board di Draghi.

 

Quest’ultimo ha probabilmente visto riaprirsi – in questo passaggio – piccoli spazi per la sua candidatura alla presidenza Bce, concorrente con quella del presidente della Bundesbank Axel Weber. Perfino il Wall Street Journal, a fine estate, ha confermato che anche oltre Atlantico si dà per scontata la nomina tedesca. Però Draghi male non fa a insistere nella sua missione di antagonista, cercando di enfatizzare al massimo la propria “fede europea”, giudicata meno granitica di quella di Weber. Curioso comunque che l’abbia fatto – con ampia eco mediatica – cavalcando la “fede tedesca” di Padoa-Schioppa: il quale – secondo alcuni osservatori – potrebbe invece essere la “carta italiana” in tasca al governo Merkel per rintuzzare estremi tentativi su Draghi. Il curriculum di banchiere centrale di Tps resta inattaccabile perfino da “super-Mario”.

 

Meno entusiasti della sortita di Padoa Schioppa è stato Mario Monti – relatore a Cernobbio – che sul Corriere della Sera di sabato mattina ha ribadito che perseguire la crescita resta prioritario e che la via è quella delle riforme strutturali (è stata un’autocandidatura al ministero dello Sviluppo economico, che Berlusconi ha promesso di nominare a brevissimo?). Ben più netto e accorato è stato il dissenso del capo dello Stato Giorgio Napolitano, in video-conferenza con il Workshop: la crisi è ancora drammatica – almeno in Italia – e l’Europa non può essere quella “di un solo paese”, ha detto con riferimento esplicito alla Germania. Facile – ma non meno politicamente significativo – osservare la contrarietà del Quirinale per l’endorsement di Tps (tradizionalmente legato alla sinistra laica) verso il ministero Tremonti, vociferato di possibile guida di un governo di transizione in caso di caduta di Berlusconi.

 

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Proprio Tremonti, quello stesso sabato mattina, aveva appena rilasciato a Repubblica una fluviale intervista di risposta a Padoa Schioppa: “L’emergenza è finita” (cioè: con la mia politica economica il Paese ha resistito alla crisi); giusto dialogare con l’opposizione (con il “nucleo duro” del centrosinistra “europeo” rappresentato dal prodismo e dai Ds). Appena giunto a Cernobbio, Tremonti ha subito fronteggiato a distanza il malumore di Napolitano (“siamo ancora in terra incognita”) ma poi ha improvvisato un curioso duetto pomeridiano con Fausto Bertinotti sulla crisi del capitalismo: ancora “Europa (Germania) verso America”. Con l’ex presidente “comunista” della Camera che – rivolto all’“amico Giulio” – arriva a dire: se a Melfi e Pomigliano non si può più scioperare, allora siamo davvero in Cina (cioè: la crescita economica a due cifre non è nulla se il mercato non è governato da regole e istituzioni). 

 

Per finire, domenica mattina Tremonti chiude Cernobbio con una battuta a effetto: “È da bambini dire: imitiamo la Germania; conta invece distinguere tra un’economia orientata all’export e un’economia della domanda pubblica e degli investimenti a debito”. Come liquidare Draghi, raccogliendo definitivamente l’endorsement di Padoa-Schioppa. Il lunedì mattina, tutti di nuovo al lavoro: Tremonti su una Finanziaria “in tre tabelle”, ha promesso. Ma quando la presenterà, prevedibilmente, sarà chiaro quanto il “gioco di società” di Cernobbio abbia misurato nuovi rapporti di forza: anche – tout court” – nelle prospettive politiche italiane.