Ignazio Visco ha un curriculum non attaccabile per poter essere un buon governatore della Banca d’Italia nel secondo decennio del ventunesimo secolo. Non è giovanissimo (ha 62 anni), ma fa parte della stessa generazione di Mario Draghi, di cui ora il neo-governatore italiano sarà uno dei 17 “supervisori” nel consiglio generale della Bce. L’economista napoletano appartiene alla stessa ortodossia di Via Nazionale: dopo una laurea alla Sapienza entra subito nell’istituto e – in un quarantennio di carriera – alterna incarichi interni a periodi di studio e insegnamento all’estero, fino alla parentesi più importante: il ruolo di chief-economist all’Ocse, dal 1997 al 2002. Un passaggio probabilmente decisivo – nelle concitate ore che hanno preceduto la designazione – per promuoverne il profilo di vero candidato interno, nel match finale con Vittorio Grilli e Lorenzo Bini Smaghi, i candidati del governo. Fabrizio Saccomanni – il 68enne “governatore in pectore” negli ultimi mesi – vantava onestamente un “cursus” più debole.



E se la successione a Draghi in Bankitalia è finita in un defatigante “power game”, un po’ di responsabilità ce l’ha anche chi ha insistito fino all’ultimo sull’ipotesi di una stretta continuità burocratica: il Direttore generale promosso “per anzianità” a numero uno. Invece, la soluzione è scaturita dall’applicazione adattata dello “schema Fazio”. Nel 1993, l’allora Governatore Carlo Azeglio Ciampi fu chiamato da Oscar Luigi Scalfaro a presiedere un governo di salute pubblica. Direttore generale era Lamberto Dini, vicino all’allora premier Giulio Andreotti e inserito a Palazzo Koch dopo una lunga parentesi al Fondo monetario internazionale. Una sua promozione era sgraditissima all’establishment laico di Bankitalia: basti ricordare – alla fine degli anni ’70 – la drammatica contrapposizione tra Andreotti (protettore di Michele Sindona) e la Banca d’Italia di Paolo Baffi, con l’arresto del vicedirettore generale Mario Sarcinelli.



Nel 1993, in ogni caso, Ciampi poté consentirsi – alle spalle – soltanto di bloccare la promozione di Dini e dovette sacrificare l’ascesa al governatorato di Tommaso Padoa Schioppa, primo vicedirettore generale. Toccò quindi ad Antonio Fazio, il vicedirettore generale più giovane: cresciuto all’ufficio studi di Via nazionale, ma culturalmente cattolico (e ciò non fu affatto ininfluente quando Fazio fu estromesso nel 2005). Un profilo, quello di Fazio, tale da non risultare affatto sgradito all’inquilino cattolico del Quirinale. E se nel 2005 Ciampi presidente fu decisivo sia nell’imporre le nuove regole di designazione del Governatore, sia nello scegliere Draghi, anche nel 2011 il ruolo della Presidenza della Repubblica è stato determinante.



Non potendo insistere su Saccomanni – sul cui nome il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non avrebbe mai messo la firma – Napolitano ha fermato i due “cavalli” del governo: Grilli (forse in assoluto il candidato migliore), in quanto contrapposto a Saccomanni; ma, soprattutto, Bini Smaghi. Al banchiere fiorentino hanno nuociuto soprattutto due elementi: la resistenza un po’ “scomposta” all’esigenza di dimettersi dall’esecutivo Bce per far posto a Draghi e a un nuovo consigliere francese; e l’essere uscito dai ranghi della Banca d’Italia molto giovane e con un grado ancor basso, passando subito ai ranghi del Tesoro. Strada spianata per Visco: vicedirettore generale anziano.

E gli altri candidati? Giuliano Amato ha recitato in modo impeccabile il ruolo di “riserva della Repubblica”, accettando che il suo nome venisse speso (sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi) come “extrema ratio” possibile mentre la bufera infuriava (con il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che sosteneva Grilli in quanto “milanese”). In gioco avrebbe potuto sicuramente entrare anche Anna Maria Tarantola, il vicedirettore generale con minore anzianità nel grado fra i tre attualmente in carica. Non solo l’istituto centrale avrebbe avuto per la prima volta un governatore “rosa”, ma soprattutto per la prima volta sarebbe salito al vertice non un economista, ma un tecnico della vigilanza creditizia. Non sarebbe stata affatto una scelta incoerente con la permanente “emergenza bancaria” in Italia e nel mondo. Può darsi che la Tarantola – lombarda, laureata e docente alla Cattolica – riesca a insediarsi sulla poltrona di Direttore generale.

Nel “chi ha vinto/chi ha perso” classico di questi frangenti, tutti i poteri in gioco possono rivendicare qualcosa: Napolitano di aver fatto valere i pieno il suo ruolo di garante e mediatore istituzionale ultimo; Draghi ha in ogni caso tutelato la struttura interna Bankitalia e si è assicurato con Visco una voce amica e non dialettica, sia a Roma che a Francoforte; Berlusconi si è guadagnato un credito sia con Draghi che con Napolitano; perfino Tremonti ha visto almeno riconosciuto in qualche modo il suo “potere di veto”.

 

PS: Al nuovo governatore vanno gli auguri di Gianni Credit – che lo ha conosciuto e che lo stima – e della redazione de ilsussidiario.net: seguiremo il suo lavoro, che sarà di estrema importanza perché l’Italia esca dalla crisi.