“Ministro delle Parti sociali”. Sarà questa – probabilmente – la delega di fatto di Corrado Passera, la sorpresa più rilevante (forse l’unica davvero rilevante) nella lista del governo Monti. Le deleghe formali attribuitegli – Sviluppo economico e Infrastrutture – sono già estese e pesanti: spaziano dalle tv alle assicurazioni e all’energia; dall’Alta velocità ferroviaria alle autostrade, a tutte le “grandi opere” e a tutte le “politiche industriali”, cioè a tutti gli “stimoli” pubblici che verranno prevedibilmente messi in campo per la crescita. L’ormai ex Amministratore delegato di Intesa Sanpaolo è un tecnico molto particolare: in quanto capo-azienda della seconda banca italiana, ha fatto parte di quel “coordinamento delle parti sociali” nato a luglio sotto lo sguardo interessato del Quirinale.



È stata l’inedita intesa tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil, Abi e Ania, Confcommercio e Coldiretti, ecc. a rappresentare il momento interno di pressione sul governo Berlusconi-Tremonti, mentre i mercati assalivano il rating e il debito pubblico. Un momento strutturale, socioeconomico, diverso dagli attacchi giudiziari e mediatici al Cavaliere, ma pur sempre un fattore decisivo nel provocare la caduta dell’esecutivo di centrodestra. Già alla vigilia dell’“agosto nero” dell’Italia – con il governo sempre più in difficoltà nel varare contro-misure -, sono state le parti sociali a insistere sul fatto che il livello raggiunto dallo spread fosse un effetto, non una causa dell’emergenza italiana. Il problema dei problemi – per le parti sociali – restava più la bassa crescita che la perdita di credibilità istituzionale e finanziaria dell’Italia. Per questo il governo doveva battere più di un colpo: Passera, nei fatti, è la risposta di Giorgio Napolitano e di Mario Monti a quello che è parso più un “vuoto di potere” che una crisi finanziaria o d’immagine internazionale.



Guardando all’esito del blitz di Napolitano, appare sempre più evidente come al vertice del “governo tecnico” vi sia in realtà una troika: al vertice Napolitano come massimo garante politico (di fatto il vero premier), affiancato da due super-tecnici con un’oggettiva esperienza di affari pubblici: Monti e Passera. Il primo avrà una missione quasi esclusiva: confrontarsi quotidianamente con tutte le controparti internazionali della crisi (dalla Ue alla Bce, dal G20 al Fmi, ai “governi forti”, a cominciare da Usa e Germania). Passera, apparentemente, avrà carta bianca sull’intero fronte interno: compresa, probabilmente, voce in capitolo anche sul delicatissimo fronte sindacale. È infatti verosimile che Elsa Fornero – l’economista torinese, attualmente vicepresidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo – si concentrerà sul dossier previdenziale: la materia di cui l’allieva di Onorato Castellino è riconosciuta come massima esperta in Italia. D’altronde, proprio gli esuberi bancari (stimati in alcune decina di migliaia) saranno il test presumibile della “flexsecurity all’italiana”.



Cosa potrà, vorrà, dovrà fare Passera? Come lo farà? Per ora è possibile solo scorrere – in modo forzatamente veloce – un lungo curriculum di uomo d’impresa non privo di proiezione pubblica. Comasco, di famiglia cattolica, bocconiano, Passera si fa le ossa in McKinsey e lavora a lungo per Carlo De Benedetti. Diventa direttore generale della Cir, è al fianco dell’Ingegnere in tante avventure finanziarie, come la clamorosa scalata alla Société Générale de Belgique e la “guerra di Segrate” con Berlusconi per il controllo di Mondadori e di Espresso-Repubblica. Presidia l’Olivetti durante la non facile transizione dall’informatica alla telefonia mobile. Poi il salto nel mondo bancario: è Giovanni Bazoli che lo chiama a metà degli anni ‘90 alla guida dell’Ambroveneto, che Passera prepara alla fusione con la Cariplo. Poi il centrosinistra lo chiama a svecchiare le Poste come Amministratore delegato: il moderno BancoPosta lo ha costruito Passera, che nel 2002 viene richiamato da Bazoli alla guida di Intesa, che nel 2007 aggrega anche il Sanpaolo.

Tenendo sempre d’occhio la redditività e il mercato, Passera riesce a interpretare il ruolo di “banchiere attento agli interessi del Paese” disegnato da Bazoli: il salvataggio dell’Alitalia e la partecipazione alla società Ntv (che porterà la concorrenza nella Tav) sono solo alcune delle operazioni recenti pilotate da Intesa, il cui azionariato stabile è formato da una decina di Fondazioni (Cariplo e San Paolo in testa).

A differenza di altri tecnici del governo Monti, non si può negare a Passera una buona conoscenza di tutte le problematiche su cui lavorerà: a cominciare dal terreno strategico della tenuta del sistema bancario e della necessità di creare le condizioni perché la tutela del risparmio delle famiglie e il credito alle imprese tornino a essere fattori di crescita. Proprio per questo Passera – con Monti – è l’unico ministro che non può sbagliare e al quale non sarebbero perdonati errori.