La candidatura di Enrico Tomaso Cucchiani – attuale presidente di Allianz Italia – al vertice manageriale di Intesa Sanpaolo ha destato una sorpresa contenuta nel “miglio quadrato” della City milanese. Era stata la Fondazione Cariplo – azionista-pivot di Intesa – a delineare il percorso decisionale sulla successione di Corrado Passera: «Sarà il presidente Giovanni Bazoli a proporre al Consiglio di sorveglianza un nome», aveva detto fin da martedì scorso Giuseppe Guzzetti, escludendo che la scelta sul nuovo “chief executive” potesse diventare oggetto del contendere tra le grandi fondazioni azioniste (da Cariplo alla Compagnia San Paolo, da Cassa Bologna, a Cassa Firenze a Cassa Padova). Per di più la “governance” duale di Intesa Sanpaolo colloca già la figura del capo-azienda all’interno del Consiglio di gestione, a valle del Consiglio di sorveglianza dove sono rappresentati i soci.
Bazoli, dal canto suo, ha subito fatto filtrare il suo approccio alla scelta del nuovo top manager: rispetto per i due direttori generali interni (il vicario Giorgio Morelli, al retail; e Gaetano Micciché al “corporate”), ma attenzione per i profili esterni che potessero essere all’altezza del ruolo di Intesa, “campione nazionale” italiano al pari di UniCredit. Di qui uno “sfoglio di margherita” che ha visto sia gli interni, sia candidature esterne come Pietro Modiano (ex Dg di Sanpaolo e Intesa), Gianpiero Auletta Armenise, ex Ad di Ubi Banca, Victor Massiah (ex Dg di Ambroveneto e ora a Ubi) e Fabio Gallia, rampante Ad di Bnl BnpParibas.
Tra le carte di peso che Bazoli ha valutato negli ultimi giorni c’è stato Vittorio Colao, tornato a Vodafone dopo un’esperienza al vertice di Rcs, ma il manager ha declinato, essendo già impegnato con il colosso globale delle tlc. Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro uscente, sarebbe stato presumibilmente gradito alle Fondazioni bancarie, ma il tecnocrate (si dice già in accordi con il colosso britannico Barclays) ha presumibilmente confermato la sua intenzione di prendersi un lungo “sabbatico” dopo essere stato il candidato del ministro Giulio Tremonti nel duro confronto finale per la successione a Mario Draghi in Bankitalia. Non è escluso che – come in passato – sia stato preso in considerazione Claudio Costamagna, ex top manager europeo della Goldman Sachs, a suo tempo advisor decisivo per la fusione Ambroveneto-Cariplo, ma Costamagna, tra l’altro, ha appena avviato un’attività di consulenza finanziaria innovativa.
Il nome di Cucchiani, una vita trascorsa nel colosso assicurativo Allianz, era già stato ventilato in passato per la successione ad Alessandro Profumo in UniCredit, di cui il gruppo tedesco è storico azionista stabile. Cucchiani – uno dei pochi non tedeschi presenti nel “vorstand” di Monaco di Baviera – ha in effetti un curriculum di manager internazionale non frequente nel contesto italiano. Milanese e bocconiano, si è fatto le ossa alla McKinsey come Passera e Profumo. Il brand culturale dei manager mercatisti si è leggermente appannato al giro di boa della grande crisi bancaria (i “dioscuri” Profumo e Passera infatti non sono più al loro posto), ma ciò non ha impedito a Cucchiani di vedere il suo nome circolare per un alto incarico – Presidente o Amministratore delegato delle Generali: istituzione finanziaria ultra-europea e molto conservativa. La sua candidatura aveva tuttavia una sua credibilità in quanto sostenuta dalla “triestinità” acquisita da Cucchiani, a lungo guida del Lloyd Adriatico.
Questo detto, a Milano gli uomini al vertice di Ras e poi di Allianz Italia hanno sempre goduto di rating massimo sia per l’appartenenza al gigante tedesco, sia per la storica e ramificata presenza in molte realtà finanziarie e industriali del Paese (da Mediobanca in giù). Chi dunque pensava, per Cucchiani in Intesa, a “impedimenti” legati a vecchi steccati politico-culturali (ad esempio, tra cattolici e laici) si è ritrovato superato dagli eventi: non ultima una nuova connotazione “milanese” data dal governo Monti, che pure è succeduto a un’amministrazione Berlusconi-Bossi.
Manager professionale, Cucchiani non è però mai stato disattento a quanto accadeva intorno. Lo scorso giugno, ad esempio, ha accolto un invito del leader della Margherita, Giuseppe Fioroni, per una conversazione “bipartisan” sull’emergenza-Italia. Un appuntamento – in parte preparatorio al documento cattolico “Per la buona politica e il bene comune” poi sfociato nel recente incontro di Todi – cui parteciparono il Segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, il Segretario del Pdl Angelino Alfano e il leader Pd Nicola La Torre.
Se la candidatura verrà confermata oggi dal Cds Intesa Sanpaolo, Cucchiani avrà un’agenda piena. Da un lato garantire la continuità di risultati della lunga “era Passera” segnando però una nuova stagione: anche per rassicurare qualche residua ma persistente riserva esterna sul fatto che il neo-superministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture si occupi di dossier già maneggiati da banchiere. D’altro canto le sfide di una grande banca come Intesa sono pressanti: pur non essendo uno dei 29 gruppi sistemici (di cui fa parte UniCredit) è indubbio che la radicale azione di ristrutturazione di bilancio annunciata da Piazza Cordusio influenzerà anche il suo maggior concorrente italiano.
UniCredit ha lanciato un aumento di capitale, ha effettuato ingenti svalutazioni e non distribuirà dividendi, a cominciare dalla sue grandi fondazioni azioniste. Intesa si è già ripatrimonializzata, ma la pressione (ultimamente dall’authority europea Eba) continua. Tra le prime decisioni di Cucchiani vi sarà dunque trovare un equilibrio fra attese di cedola da parte delle grandi Fondazioni e necessità di proseguire nel cammino di consolidamento post-crisi: anche a beneficio delle valutazioni di Borsa del titolo, pesantemente colpito dalla speculazione, come tutti i bancari.