In una giornata di intenso lavoro alla Corte di Cassazione (è stata fra l’altro confermata la condanna al lobbista Luigi Bisignani per il “caso P4”) è giunto alla sua conclusione giudiziaria l’“affaire Fazio”, cuore della grande “saga delle scalate bancarie” che nel 2005 arroventò l’intero scacchiere politico-finanziario. La suprema corte ha definitivamente sancito che l’ex Governatore della Banca d’Italia è colpevole di vari reati commessi nel suo ruolo di vigilante dell’Opa lanciata da Abn Amro su AntonVeneta e della controscalata organizzata dalla Banca popolare italiana di Gianpiero Fiorani.

Fazio merita dunque una pena di due anni e sei mesi di reclusione, che però tuttavia non sconterà perché all’interno dei benefici dell’indulto triennale per i reati fino al 2006. Come per lui, verdetto ultimo anche per Fiorani stesso, per gli ex vertici di Unipol (Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti), per l’immobiliarista Luigi Zunino.

Ma anche l’ultimo capitolo dell’AntonVeneta-story si è consumato “senza verità”. Perché la seconda sezione penale della Cassazione ha discusso la causa quando mancavano solo due settimane alla scadenza della prescrizione? Ma, soprattutto, perché la Corte ha rigettato la richiesta (un po’ a sorpresa) del sostituto procuratore generale della cassazione di annullare le sentenze (senza rinvio all’Appello) per incompetenza territoriale di Milano rispetto a Lodi?

La dietrologia giudiziaria è la più insidiosa, ma il leggendario “porto delle nebbie” capitolino questa volta è stato solerte, ha avuto fretta di non lasciare affondare il caso AntonVeneta nella “doppia verità” puntualmente lasciata da una prescrizione. D’altro canto la Procura generale si è apertamente – per certi versi clamorosamente – dissociata dalla scelta di condannare Fazio definitivamente: anche se l’argomento (la competenza territoriale) non era certo dei più incisivi per raggiungere l’obiettivo (non a caso i difensori dell’ex Governatore hanno insistito fino all’ultimo sulla sostanza: Fazio è stato una vittima di Fiorani, non un suo complice).

Resta il fatto che a Roma l’ex numero uno di Via Nazionale era già stato assolto in appello sulla vicenda Bnl: un “liberi tutti” che era stato esteso a tutti i controscalatori dell’Opa Bbva salvo – ancora una volta – i capi di Unipol. Nel maggio scorso, invece, Milano aveva solo ridotto le pene ai protagonisti del presunto “complotto” anti-Abn. Già allora la storia bancaria del 2005 era stata riscritta in chiave di “doppia verità, nessuna verità”: gli stessi protagonisti (Fazio, Fiorani, Consorte) erano stati giudicati due pesi radicalmente diversi per due operazioni che, all’epoca, erano pacificamente considerate “gemelle” da tutti gli attori e osservatori in campo.

Ma è destino delle vicende complesse essere contraddittorie – piene di “se” e di “ma – nel loro svolgersi e rimanere poi “senza verità” nei loro esiti: Fazio e Fiorani sono definitivamente condannati – sta scritto – per aver manipolato in Italia il mercato e alterato la vigilanza bancaria; la Fed, il Tesoro americano, i capi di Lehman Brothers non sono mai stati neppure indagati per la disastrosa violazione di ogni buona pratica di banca, Borsa e supervisione.

P.S.: Nel 2005 Rocco Buttiglione dovette rinunciare all’incarico di commissario Ue alla Giustizia per le sue posizioni “di coscienza” sull’aborto; a quel posto è oggi pre-candidato – senza incognite di sorta – Nichi Vendola, iper-libertario sul terreno del diritto di famiglia quasi quanto i finanzieri della City e di Wall Street hanno imposto l’ideologia del “libero mercato” all’Europa: perseguitando ed eliminando senza pietà chi la pensasse diversamente.