Il nome di Alberto Quadrio Curzio è circolato più volte negli ultimi anni come possibile candidato esterno alla guida della Banca d’Italia. Nel fine settimana, l’economista della Cattolica si è confrontato a distanza con il neo-governatore Ignazio Visco sul tema caldo dell’attualità economica interna: l’emergenza credito per le imprese. Al Forex di Parma, sabato, Visco ha proposto un’analisi prevalentemente descrittiva del fenomeno, che non ha soddisfatto fino in fondo la platea dei banchieri. Il numero uno di Via Nazionale ha citato la contrazione di 20 miliardi degli impieghi bancari registrati nel dicembre 2011 come «molto elevata nel confronto storico»: ma non lo sembra fino in fondo se collocata nel quadro recessivo (-1,5% il Pil stimato nel 2012) affermato dallo stesso governatore.
Ha confidato in dettaglio, Visco, nelle poderose iniezioni di liquidità avviate anche dalla Bce: ma ormai sono in molti a sapere che le centinaia di miliardi di euro “regalati” da Draghi anche alle banche italiane non sono davvero destinate a sostenere i prestiti alle imprese in difficoltà. Sono andate invece ad abbassare il costo della raccolta (attraverso i buyback di obbligazioni) e hanno reso gli istituti più liquidi (come del resto vuole anche la Vigilanza), ma forse più per comprare, alla bisogna, qualche titolo di Stato in più.
Non per questo Visco ha mancato di rivolgere alle banche un appello insistito e accorato per evitare “un’asfissia” creditizia in Italia: ma ricordare alle banche che far credito è «la loro stessa ragion d’essere» è alla fine tautologico come ribadire che «se l’economia deperisce trascina con sé» anche le prospettive del sistema bancario. Da un banchiere centrale – pur “di mercato” come Visco, discepolo di Mario Draghi – era però lecito attendersi riferimenti più precisi. Che, per la verità, non sono mancati del tutto: come l’apertura di Bankitalia verso un’applicazione più graduale di Basilea 3 in Italia e il favore ribadito per una concorrenza effettiva nel settore finanziario, lontano da «calmieri e divieti». Il tutto, però, con un tono interlocutorio: giustificabile, in parte, dal fatto che Visco si è visto catapultato nella stanza dei bottoni di palazzo Koch all’improvviso, nel mezzo di una crisi politico-finanziaria interna sullo sfondo della crisi globale.
A conti fatti, i banchieri e gli economisti calati in Emilia per il fine settimana erano stati più rinfrancati il giorno prima a Bologna, in occasione del convegno dell’Istituto centrale delle banche popolari su “Banche popolari, credito e territorio”. È stato là che Quadrio Curzio ha proposto una “vision” rovesciata rispetto a quella di Visco: parliamo pure di quanto credito da quali banche, ma partiamo dai “sistemi territoriali”, dalle economie di distretto. Ripartiamo dal “quarto capitalismo”, dal motore vero dell’Azienda Italia. Rimettiamo al centro del progetto “cresci-Italia” le multinazionali “flessibili”: ad esempio, le 4.000 imprese “medie” (fino a 499 addetti e con un fatturato fino a 330 milioni di euro) e le loro sorelle “medio grandi” (fino a 3 miliardi di euro di giro d’affari).
Nel 2011, secondo le stime di Mediobanca, il “quarto capitalismo” ha già mostrato di assorbire la frenata dei due esercizi precedenti, riportando sopra i 70 miliardi di euro il proprio avanzo commerciale internazionale. Export e innovazione, dimensione media e capacità di sfruttare tutte le sinergie territoriali: questo il mix di molte imprese che ancora producono valore aggiunto e occupazione (ci sono dentro i gruppi Mapei e Brembo, guidati dai due candidati alla presidenza di Confindustria: Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei). Il problema vero è e resta rifornire di credito e di capitali queste aziende: sostenere la fiducia imprenditoriale di questi distretti, tenere in buona forma il sistema bancario per aiutare questa “infrastruttura manifatturiera” a trainare la ripresa.
Le Popolari, ha ricordato Quadrio Curzio hanno fatto molto per tenere il passo con questo “quarto capitalismo”, cercando di esserne parte muscolare. Ma – aggiungiamo qui – non è che UniCredit o Intesa o altre banche medie o il credito cooperativo abbiano fatto di meno, riuscendo parimenti a resistere alla crisi e ricapitalizzarsi sempre sul mercato (senza bisogno di salvataggi pubblici). E ora è vero che il credito è un po’ “razionato” (come tutte le altre grandezze economiche), ma il problema non si risolve accusando implicitamente le banche con appelli più politici che tecnici, che sottendono una sudditanza di fatto ad altre sovranità e ad altre authority.
Come invece ha ripetuto Quadrio Curzio, è più importante riscoprire la sussidiarietà economica che fa da vantaggio competitivo nel vero liberalismo economico-sociale.