Il gruppo F. – guidato dall’esponente di una nota dinastia industriale italiana (G.A., scomparso nel 2003) – costruì tra il 1991 e il 1993 uno stabilimento in una regione del Sud italiano. Secondo Wikipedia, i 6,6 miliardi di lire di investimenti diretti nell’impianto (all’epoca) furono coperti “per oltre la metà da sovvenzioni statali” (da quello stesso stabilimento il gruppo F. ha licenziato nel 2010 tre operai-sindacalisti, da pochi giorni reintegrati al lavoro “per comportamento antisindacale del gruppo F.”).

Il lobbista storicamente più importante del gruppo F. – soprattutto presso le istituzioni pubbliche romane – è stato in tempi recenti L.d.M.: dapprima direttore delle relazioni esterne del gruppo F., ritenuto da voci mai confermate né smentite figlio naturale di G.A.. Già in giovane età direttore delle relazioni esterne del gruppo F. divenne presidente tra il 2004 e il 2010, su indicazione delle sorelle superstiti di G.A. Un seguitissimo sito di gossip porta in permanenza un’icona che richiama il racconto di un ex altissimo dirigente del gruppo F. : “Perché il gruppo F. cacciò L.d.M.”.

Il caso – noto da anni alle cronache – riguarda la (presunta) “commissione impropria” (200 milioni di lire dell’epoca) incassata da L.d.M. per presentare un terzo a G.A.: una vicenda, peraltro, strettamente societaria e quindi privata, che sarebbe stata peraltro alla base – secondo il racconto dell’alto dirigente del gruppo F. – del brusco allontanamento temporaneo di L.d.M. dal top management gruppo F.

Le condotte private di L.d.M. (a lungo compagno dell’attrice “leggera” Edwige Fenech, dopo che questa era stata annoverata tra le amanti dello stesso G.A, per 12 anni senatore a vita.) non hanno però impedito la sua carriera privata e pubblica: tanto che oggi – dopo l’incarico alla presidenza F. e reiterati preannunci di impegno politico – lo stesso L.d.M. è al centro di voci sulla possibile candidatura come premier, o per il Pdl o per il nuovo raggruppamento di grande centro. (Lo sapete cosa mandava G.A. alle amichette che lo avevano disturbato oltreché annoiato? Un’utilitaria coi sedili di paglia: pagavano – come del resto per l’aereo privato di G.A. – tutti gli azionisti F., ma anche tutti i contribuenti puntualmente chiamati a “socializzare le perdite” del gruppo. E laddove i lobbisti non funzionavano ci pensavano U.A., fratello di G.A. e senatore, oppure S.A., sorella, senatrice, ministro degli Esteri).

P.S.: L’altra sera il programma “La storia siamo noi” (Rai, servizio pubblico) si è occupata della figura di Guido Carli: ex governatore della Banca d’Italia, ex presidente della Confindustria, ex ministro del Tesoro (in un governo Andreotti, al termine della cosiddetta “Prima Repubblica”). Il programma era condotto da Giovanni Minoli – genero dell’ex direttore generale della Rai Ettore Bernabei – e tra gli ospiti chiamati a celebrare la figura di Carli c’era Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica.

Quest’ultimo non ha potuto negare che a Carli – ormai annoverato nell’Olimpo dei “padri della Repubblica italiana” – “piacessero le belle donne”, circostanza confermata in viva voce da due nipoti dell’ex Governatore, al quale un gossip autorevole attribuì perfino un “flirt” con la sopraccitata S.A.. Durante la trasmissione è stata inquadrata una fotografia in cui Carli è ritratto assieme a Enrico Cuccia, storico patron di Mediobanca, in un Paese lontano: la trasmissione cita il Kazakhstan, ma è più probabile che si tratti di un Paese africano, come confermerebbe un’altra foto di Cuccia e Carli contenuta in un volume di memorie dell’ex governatore.

In quegli anni Carli fu dapprima ministro del Commercio estero e poi banchiere centrale, cioè responsabile della vigilanza (pubblica) sul credito, quindi anche su Mediobanca (all’epoca controllata dalle tre Bin dell’Iri, quindi dallo Stato). Non è noto chi abbia pagato quei viaggi (pubblici o privati?) allora costosissimi, perché in aree del pianeta difficilmente raggiungibili. È invece noto che Mediobanca fin dal 1955 avesse costituito una misteriosa “trading company” con sede in Nigeria e attiva anche in altri Paesi dell’Africa equatoriale (Zambia, Zimbabwe, Tanzania, Costa d’Avorio). La società chiuse i battenti nel 2000, dopo aver chiuso quasi sempre i bilanci in rosso. Nel frattempo Mediobanca, fu coinvolta in una vicenda di “fondi neri” (24 miliardi dell’epoca, cioè 12 milioni di euro al cambio attuale, cioè 240mila pranzi da 50 euro l’uno o 12mila passaggi aerei da mille euro l’uno) che sarebbero stato depositati dall’Iri (statale) presso la stessa Mediobanca (controllata dall’Iri) alla fine degli anni ‘70.

Gherardo Colombo, Pm della Procura di Milano, poco prima che scoppiasse Mani Pulite, indagò e rinviò a giudizio Cuccia e il delfino Vincenzo Maranghi: ma furono assolti. Fatti già troppo lontani allora, nello spazio e nel tempo. Fatti “privatissimi”, nonché laicissimi. Non intercettati al telefono cellulare (e probabilmente neppure oggi lo sarebbero). Dimenticati: tanto che Repubblica (fondata da Scalfari) o il Corriere (partecipato da F. e Mediobanca) o La Stampa (controllata da F.) non hanno mai avuto troppa voglia di parlarne. In ogni caso: fatti che oggi sarebbero prescrittissimi, come le vicende che riguardano l’ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati. Mai dimessosi; né dal consiglio regionale della Lombardia, né dal Pd.