È difficile valutare la nuova assoluzione per Antonio Fazio nel processo per la scalata Bnl. Il verdetto-bis dei giudici d’Appello di Milano – dopo che la Cassazione aveva annullato una precedente pronuncia favorevole – è alla fine la coda burocratica di uno scontro finanziario, giudiziario e infine politico, già definitivamente deciso al termine della rovente estate 2005. Certo, continua a non aver torto il legale di Fazio quando rivendica una “riabilitazione” e lamenta che l’allora governatore della Banca d’Italia fu forzato alle dimissioni da una giustizia “mediatico-inquisitoria”, non confermata poi dall’esito processuale. Ma è vero anche che Fazio è stato nuovamente giudicato innocente per il solo caso Bnl: resta invece definitivamente condannato per il caso Bpi-AntonVeneta e rimangono quindi confermati interrogativi e polemiche sulle Opa bancarie di otto anni fa e sulla loro “verità” giudiziaria.
Perché, anzitutto, ne esce sostanzialmente assolta a posteriori la voglia matta dei Ds di “avere una banca” attraverso Unipol, Francesco Gaetano Caltagirone e altri immobiliaristi romani, mentre è colpevole la battaglia gemella di Gianpiero Fiorani – campione bancario del Nord berlusconiano e leghista – per legare una grossa Popolare lombarda a una veneta? E questo con una curiosa inversione delle parti fra una Cassazione “romana” pignola e dubbiosa sull’innocenza di Fazio e Caltagirone, e un palazzaccio milanese fermissimo, invece, nel giudicare la controscalata “romana” su Bnl molto più regolare di quella concepita a Lodi su AntonVeneta.
Una pronuncia giudiziaria (il caso Berlusconi è esemplare) è comunque sempre attuale per come interviene nel presente: spesso molto al di là delle intenzioni, qualche volta del tutto intenzionalmente. E allora la “riabilitazione”, vera o presunta, del governatore Bankitalia fra il 1993 e il 2005, suggerisce anzitutto a tutti gli addetti ai lavori bancari del 2013 che giudicare – e condannare – il capo della supervisione bancaria è sempre difficile e soprattutto rischioso (l’America non ha messo sotto accusa né vigilanti, né vigilati dopo il “meltdown” finanziario del 2008).
Otto anni dopo la cacciata di Fazio, ombre sgradevoli e insidiose si allungano intanto sulla Banca d’Italia di Mario Draghi (nel frattempo promosso “vigilante dei vigilanti” alla Bce): il Montepaschi – a differenza delle banche vigilate da Fazio – ha fatto crac per la micidiale “partita di giro” AntonVeneta via Abn Amro, a sua volta sparita nel gorgo nero globale del 2008. A proposito e di seguito: era proprio così “criminale” quel governatore “euroscettico”, diffidente verso la finanza di mercato, conoscitore profondo delle reali regole del gioco – sempre contro l’Italia – vigenti sullo scacchiere bancario internazionale?
Fazio contrastò l’internazionalizzazione forzata del sistema bancario domestico, sostenuta come battaglia di civiltà: Abn Amro e Bbva (una banca spagnola…) avrebbero sicuramente portato in Italia, si scriveva, modelli di governance e di gestione più sani ed efficaci, prodotti migliori a prezzi più bassi, più credito per le imprese italiane. È andata così? Fazio spingeva per la ricomposizione interna del sistema, anche dietro le prime linee: è quello che a fine 2013 sta reclamando ad alta voce il governatore Ignazio Visco. Più ancora: a costo di passare per il banchiere-amico del presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, Fazio si oppose alla fusione “milanese” fra Intesa e UniCredit: le successive integrazioni (rispettivamente con Sanpaolo-Imi e la stessa Capitalia) hanno dato in effetti un assetto più equilibrato e solido al baricentro del sistema. Non da ultimo: dopo aver inizialmente difeso Mediobanca dalle Opa del ’99 (UniCredit su Comit e Sanpaolo su Bancaroma), il governatore tentò inutilmente di farsi erede di Enrico Cuccia e di dirigere il riassetto del sistema finanziario nel nuovo secolo. Beh, nei giorni scorsi abbiamo sentito l’ex premier Romano Prodi commentare le memorie dell’ex capo della Comit, Enrico Braggiotti, su un filo conduttore quasi unico: nell’ultimo quarto di secolo Mediobanca si è mossa costantemente contro gli interessi del sistema-Paese, distruggendo alla fine anche se stessa.
Difficile dire cosa sia peggio fra una semi-assoluzione di Fazio da vivo e una tardiva incriminazione di Cuccia da morto. Invece i tempi sembrano maturi per le memorie di Fazio. Agli albori nebbiosi della Terza Repubblica (bancaria) non sarebbero né inattuali, né inutili.