Venerdì sera, quasi negli stessi minuti, le agenzie hanno battuto l’accordo politico raggiunto all’Ecofin di Dublino sullo sviluppo accelerato della nuova vigilanza bancaria unificata nella Ue e un’oscura “nota di chiarimento” della Banca d’Italia. In tempi e modi del tutto inusuali, via Nazionale si è sentita in obbligo di rispondere subito a un ennesimo attacco dell’economista Luigi Zingales sul Il Sole 24 Ore sul caso Assogestioni-Intesa Sanpaolo. A fine marzo l’associazione dei gestori di fondi, nel suo apposito comitato, si è trovata a esaminare le candidature dei grandi investitori istituzionali per il rinnovo del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. Di come sarebbero andate le cose ha scritto lo stesso Zingales in un precedente articolo su Il Sole 24 Ore. La candidatura di Vicenzo Cariello, ordinario di diritto commerciale alla Cattolica, sarebbe stata osteggiata da Eurizon, la Sgr del gruppo Intesa. Motivazione formale dell’eccezione sarebbe stato il presunto conflitto d’interesse legato a consulenze date in passato a Intesa dallo studio dello stesso Cariello (il quale peraltro di sarebbe impegnato a dimettersi dallo studio.)

Sostanzialmente – sempre secondo Zingales – Cariello avrebbe invece pagato la sua sfiducia dottrinale sulla governance “duale”: quella che dal 2007 vige nel gruppo che per altri tre anni sarà presieduto da Giovanni Bazoli. Esito (pubblico): il presidente del comitato Assogestioni, Guido Giubergia, si è dimesso polemicamente e il rappresentante dei fondi esteri ha manifestato forte dissenso. Ma l’Assogestioni – presieduta da Domenico Siniscalco, vicepresidente Mauro Miccillo (ad Eurizon) – ha ovviamente assorbito le tensioni.

Chi naturalmente è tornato alla carica è stato Zingales: lui stesso consigliere indipendente di Telecom (spesso esuberante “signor no”) ed ex supporter di Oscar Giannino a “Fermare il declino”, salvo esserne stato il killer alla vigilia del voto sulla questione dei titoli accademici statunitensi. Zingales ha messo nel mirino direttamente la Banca d’Italia che avrebbe chiuso gli occhi su questa vicenda: discutibile per la governance di Intesa e dell’intero sistema italiano, se le cose sono andate (anche in parte) come ha raccontato lui. Può una grande banca intervenire sulle designazioni dei suoi organi facendo leva su ruolo del suo asset manager controllato, a sua volta presente fra chi decide sulle candidature in assemblea nella controllante? Questione in sé fondata, da tempo nelle agende (sempre irrisolte) degli accademici e dei “regulator”.

Ciò che sorprende è che la Banca d’Italia si sia sentita colpita al punto tale da emettere un inedito comunicato ai limiti dell’informalità, ma soprattutto balbettante nei toni e nei contenuti. La sintesi: sì è vero, quello che scrive Zingales descrive sicuramente un problema, noi ci siamo sempre sforzati affinché la governance delle banche italiane rispetti i migliori standard, ma chi vigila sui comportamenti delle Sgr è la Consob.

Chi – come Gianni Credit – studiava all’università quando governatore era Paolo Baffi, ha cominciato a fare il giornalista finanziario quando lo era Carlo Azeglio Ciampi ed erano ancora fresche le Considerazioni finali di Guido Carli, è rimasto basito. La vigilanza, in Italia, non è mai stata cosa da signorine: Carli dovette affrontare Michele Sindona e la “lista dei 500” al Banco di Roma di Ferdinando Ventriglia; Baffi l’incriminazione per le stesse vicende; Ciampi il crac dell’Ambrosiano e la lunga agonia delle banche del Sud. Antonio Fazio stesso ha dovuto sporcarsi le mani: ad esempio, con il riassetto di Bipop, prima ancora dell’apocalisse finale (Bpi-AntonVeneta, e Unipol-Bnl). Ma nessun governatore – per quanto complessa e scabrosa fosse la questione “di governance bancaria” sul tappeto della vigilanza – avrebbe perso tempo a curarsi di un articolo di giornale di un economista “alla moda”: un brillante “professionista dell’ultraliberismo”, per di più quando l’ultraliberismo ha perso parecchio del suo fascino e le prediche da Oltre Atlantico appaiono letteralmente “inutili”. Tutti i governatori si sarebbero concentrati sulla soluzione dei problemi (e oggi tra l’altro il problema non è la governance da Intesa ma il salvataggio del Montepaschi o il credit crunch), al diavolo i commentatori della domenica.

Pensavamo che la nota della Banca d’Italia risultasse così modesta e in fondo autolesionista perché il governatore Ignazio Visco era impegnato a Dublino, dove all’Ecofin si è deciso di accelerare sull’Unione bancaria: la vigilanza unica delle grandi banche da affidare entro 12 mesi alle Bce. Insomma: l’inizio del girone finale del campionato della “ri-regolazione” bancaria in Europa. Un girone in cui – formalmente a colpi di standard tecnici – si giocheranno i nuovi equilibri di forza fra sistemi bancari nell’eurozona. Visco invece a Dublino non c’era: è stato il Corriere della Sera a raccontare come “a darle e a prenderle” per la Banca d’Italia ci fosse il direttore generale Fabrizio Saccomanni. “In sostituzione di Visco”, ha precisato il Corriere. Forse meglio così. Ma se è così, forse sarebbe meglio che tutti, a cominciare dal “governatore per caso”, ne traessero le conseguenze.