Gli ultimi attacchi a Giuseppe Guzzetti e Giovanni Bazoli – entrambi riconfermati in questi giorni ai vertici di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo – sono apparsi deboli e sfuocati . Il Sole-24 Ore ha ospitato due affondi di Roberto Perotti e Luigi Zingales, ma la testata confindustriale è sembrata soprattutto giocare di sponda, dando voce a un più ampio ritorno di frustrazione anti-bancaria nel mondo imprenditoriale sul fronte del “credit crunch”. Era invece ben percepibile, nell’ennesima polemica dei commentatori ultraliberisti contro la “banca delle Fondazioni”,  una frustrazione diversa: una delusione cocente per l’esito di una “campagna di primavera” da cui evidentemente si attendevano frutti più promettenti per le aspirazioni dei “rottamatori” dei vecchi equilibri bancari in Italia.  

L’evoluzione politico-economica dell’autunno-inverno, in effetti, sembrava aver creato problematicità – se  non proprio incertezze – soprattutto attorno alla riconferma di Guzzetti.  L’anticipo del voto politico a febbraio – rispetto alla scadenza originaria di inizio aprile – lasciava “scoperta” la fase finale del rinnovo della Ccb della Cariplo, quella più delicata: l’integrazione dei 40 nomi della Ccb con i nomi della società civile, dopo le designazioni degli enti locali; il riassetto del consiglio d’amministrazione a 9, con la nomina della terna di vertice. Ma anche la svolta in Regione Lombardia – con la fine traumatica dell’”era Formigoni” – apriva scenari poco decifrabili per la Fondazione “delle Province lombarde”.  E non era affatto chiaro, nelle premesse – se per l’equilibratissimo “modello Guzzetti” – costruito in quindici anni – l’avvento prevedibile di Roberto Maroni fosse più preoccupante di quello possibile di Umberto Ambrosoli: candidato “in vitro” di quel “partito del Corriere della Sera” che certamente ha in Bazoli uno storico “dominus”, ma che è la storica accademia di ogni polemica contro “finanza bianca” e Fondazioni-frankestein (a proposito: a gennaio il caso  Montepaschi ha creato danni circoscritti ma molto seri all’immagine delle fondazioni  e delle banche da esse controllate). Proprio l’illusione-pretesa di pilotare il prevedibile risultato elettorale delle collere antipolitiche, aveva spinto lo stesso Zingales a scendere in campo con Fermareildeclino (salvo poi suicidare all’ultimo il leader Oscar Giannino).

Senza contare che lo stesso Pd – apparente vincitore annunciato – aveva visto emergere l’aggressività renziana strutturalmente connotata in chiave generazionale: tanto più il sindaco di Firenze aveva inizialmente calamitato anche figure come Zingales e senza dimenticare che l’Ente CariFirenze è una delle fondazioni chiave del nucleo Intesa Sanpaolo. Nessuno si è stupito, quindi, se Bazoli, vecchio banchiere prodiano, avesse personalmente manifestato allarme verso fine 2012, al punto da prospettare un anticipo dei tempi di rinnovo degli organi della banca milanese.

Negli ultimi due mesi le cose sono andate però in modo diverso. E la più importante  “notizia non attesa” è molto probabilmente la riconferma di Giorgio Napolitano al Quirinale: 88enne amico di vecchia data di Guzzetti, ma soprattutto estimatore fidato della strategia della sussidiarietà imperniata nella rete delle fondazioni Acri.  Ma lo stesso vecchio senatore lombardo farebbe probabilmente notare  che – nei giorni concitati del voto presidenziale – proprio Renzi ha fatto votare, come candidato tutt’altro che virtuale, il presidente in carica di una Fondazione:  Sergio Chiamparino della Compagnia San Paolo, vice di Guzzetti in Acri. Al quale Chiamparino, Enrico Letta – neo-premier neo-democristiano – ha poi subito offerto un ministero di serie A come quello dello sviluppo economico (ci è andato il sindaco di Padova , Flavio Zanonato:  primo “stakeholder” di un’altra Fondazione del “nucleo Guzzetti-Bazoli” in Intesa, la CariPaRo). Ma è in termini più ampi lo sbocco del governo di larghe intese – “bipartisan” come lo è strutturalmente la governance delle Fondazioni – ad aver creato un contesto generale meno problematico di quanto fosse lecito attendersi per le Fondazioni:  tanto più in funzione di contenimento attivo dell’antipolitica grillina.

Se d’altronde in Lombardia l’affermazione di Maroni ha creato una scenario tranquillamente evolutivo (nel nuovo cda della Cariplo è riconducibile alla Lega Nord solo il docente bocconiano Cristian Chizzoli), la riconferma di Napolitano sembra rappresentare un argine verso eccessi mediatici nella gestione di inchieste giudiziarie, come quella che certamente proseguirà sul Montepaschi.

La riconferma “en plein” di Guzzetti in Cariplo – basta scorrere la lista dei 40 della Ccb e soprattutto dei 9 del cda, fra cui  i vicepresidenti confermati Carlo Sangalli e Mariella Enoc – e quella di Bazoli (idem) non è quindi figlia del caso, ma di un ennesimo “principio di realtà”, contro cui si sono infranti gli ennesimi “desiderata” di molti. I quali pensavano che – nel 2013 – fosse possibile far entrare un disturbatore nel consiglio di sorveglianza Intesa spacciandolo per candidato dei soliti “investitori internazionali”,  facendolo certificare dall’Assogestioni. Oppure ricamano ora sull’ingresso nel consiglio di gestione di questo o di quel manager senza rendersi conto che la vera svolta – l’approdo di Gian Maria Gros Pietro al vertice dello stesso consiglio di gestione – è avvenuta su decisione di Guzzetti, Chiamparino e Bazoli.  Non è quindi improbabile che nei prossimi tre o sei anni (i nuovi mandati di Bazoli e Guzzetti) leggeremo nuove raffiche di articoli “frustrati” contro un sistema finanziario che si riorganizzerà al suo interno avendo sempre più come piattaforma le Fondazioni e le “loro” banche (Intesa, UniCredit, Cdp): baricentro del riordino del sistema bancario (a cominciare da Mps) e del rilancio di politiche pubbliche di sviluppo.