Un anno fa, sotto Natale, il Financial Times ospitò un articolo di Papa Benedetto: una riflessione alta sull’impegno dei cristiani nel mondo «fra Dio e Cesare»; fra umanità, potere politico, crisi economica, sommovimenti globali. Alla vigilia del Natale 2013 il quotidiano della City ha invece riservato a Papa Francesco un lungo editoriale, con lo stesso rilievo: richiamo con foto in testa alla cover e ampio spazio in pagina dei commenti. Lo ha firmato John Gapper, columnist di punta della redazione sui temi di sviluppo del capitalismo: un liberista “Oxbridge”, non un ultrà della turbofinanza. Già nelle prime righe è evidente l’intento del controcanto allo statunitense Time, che ha incoronato il nuovo Papa «Man of the Year» con una motivazione esplicita: esser subito riuscito a porre il tema della globalizzazione al centro del dibattito internazionale in termini problematici, non ideologici.



E’ ciò che, del resto, ha spinto il presidente americano Barack Obama a segnalare aperta attenzione a Papa Bergoglio in un recente discorso, suscitando le reazioni polemiche di alcuni esponenti repubblicani dal Congresso Usa. Il commento critico di FT muove comunque dalle posizioni inequivocabili contenute nell’ultima esortazione apostolica “Evangelii gaudium”: le dinamiche recenti del capitalismo, nel magistero del Papa, hanno assunto forma culturale di “idolatria del denaro” e hanno prodotto un sostanziale aumento delle “diseguaglianze fra gli uomini”. Per la precisione il Papa scrive: “Mentre i profitti di una minoranza continuano a crescere esponenzialmente, così come il gap che separa la maggioranza dalla prosperità goduta da pochi fortunati.



Questo squilibrio è il risultato di ideologie che difendono l’assoluta autonomia del mercato e della speculazione finanziaria”. Secondo Gapper, Papa Francesco “sbaglia” su entrambi i fronti aperti dall’esortazione. “Non solo la distribuzione del reddito è divenuta più eguale – scrive su FT del 23 dicembre – ma il capitalismo sta conquistando maggior credito”. Il documento pontificio non farebbe quindi che esprimere il malessere delle “classi medie dell’Occidente”, colpite dalla crisi finanziaria e dalla recessione: comunque una minoranza (cristiana, cattolica…) rispetto alle centinaia di milioni di vincitori, operai e impiegati ex poveri di Cina, India e altri Brics.



Il contrappunto finale a un Papa che chiede “una solidarietà che favorisca tutti gli esseri umani”, è quindi sottilmente polemico: “Quali esseri umani?”. Il confronto – naturalmente – non è tecnico- economico (chi lo desidera può comunque addentrarsi nelle ricche argomentazioni portate da FT), ma culturale, antropologico. Nell’articolo di Gapper è evidente che quanto è accaduto dal 2008 in poi è un “mero fatto”: il collasso di Wall Street non va trattato in modo molto diverso dallo tsunami di Fukuyama, dove certamente la centrale nucleare non era adeguata agli eventi e la gestione di una crisi “imprevedibile” è stata disastrosa.

Ma l’empirismo-pragmatismo anglosassone . nell’uno o nell’altro caso – trae la stessa, immancabile conclusione: c’è stato un “incidente di percorso”, ci sono dei malfunzionamenti da correggere, ma nulla che chiami in causa le responsabilità dei singoli o anche dell’intera umanità. Nulla che imponga una riflessione seria sulle premesse, sui valori, sulla visione complessiva della vita dell’uomo sulla terra. E’ stato così – esempio ultimo – che la riforma bancaria appena approvata negli Stati Uniti (Volcker Rule) arrivi e si proietti in tempi lunghi; non modifichi realmente nessuna delle regole profonde del capitalismo finanziario imploso dopo vent’anni di “esuberanze irrazionali”; auto-assolve infine il sistema (e in esso i nomi e cognomi) che ha dimostrato la sua pericolosa instabilità. Ciò che invece FT – e il mondo che lo esprime – continua a considerare il primo motore della storia, il fattore di una sana e continua “distruzione creatrice”, che assicurerebbe reali “pari opportunità” nell’accesso al lavoro, al reddito, al “progresso”.

E poco importa – ed è questo il secondo profilo sfuggente della controanalisi di FT – se un aumento “aritmetico” del reddito viene realizzato in sistemi che negano la libertà e la dignità dell’uomo proprio nella dinamica dello sviluppo economico: il Pil che cresce in un paese dove finora non era possibile mettere al mondo più di un figlio o in un mondo ancora diviso in caste medioevali continua a essere un dato positivo di per sé con l’occhio della City. Anzi: l’unico dato rilevante. Il merito del Papa – ma anche FT, in fondo, glielo riconosce prendendolo sul serio e senza condiscendenze – è quello di continuare a porre domande tanto scomode quanto disinteressate: di essere “segno di contraddizione” sulle cose del mondo che dal Vaticano – proprio dalla Santa Sede si vedono fin troppo bene.

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