Per Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, è vicina la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Milano per la vicenda del “papello Ligresti”: un presunto accordo di liquidazione per i membri della famiglia al momento del distacco da FonSai, in via di fusione-salvataggio con Unipol. Un accordo che – nella primavera del 2012 – sarebbe stato tenuto segreto a mercato e authority e che quindi presenterebbe vari profili di illiceità.



Dopo la chiusura delle indagini – venerdì scorso – sarà necessario attendere almeno un mese per vedere il Pm Pierluigi Orsi formalizzare il suo passo. Ma non è tanto il merito della vicenda ad aver colpito: per quanto indicativo di un “finis” di Mediobanca già in corso da anni e alla fine meno scontato di quanto molti fanno mostra di credere. Ha impressionato di più che uno dei pm di punta del palazzo milanese sul fronte della legalità finanziaria abbia deciso di chiudere il “dossier papello” dopo ben due anni e mezzo di indagini. Né e banale che abbia deciso di procedere su un fascicolo di questo calibro in questo momento: con la Procura di Milano lacerata da conflitti interni senza precedenti; con l’intera magistratura italiana sotto pressione da parte del governo Renzi (e del nuovo proconsole al Csm, Legnini) in vista di una riforma sostanziale della giustizia civile e penale e di un ricambio altrettanto effettivo negli alti organigrammi giudiziari.

Orsi è un inquirente di stimata capacità: ha al suo attivo vent’anni di inchieste di prima fascia (dal crac Sasea a quello Cirio). Per questo gli osservatori della piazza e del palazzo di Milano non sono affatto rimasti sorpresi quando ha addentato l’osso durissimo dell’inchiesta sul papello con una determinazione ben conosciuta. La perplessità è sopravvenuta quando dopo un esordio scoppiettante sulle cronache, il fascicolo si è addormentato per due anni nel cassetto di Orsi: tanto che in molti ormai scommettevano sulla richiesta archiviazione. Anche se lo stesso Nagel – sempre difeso da azionisti e consiglieri di Mediobanca per le scelte e i comportamenti sul caso FonSai-Ligresti – non deve esserne mai stato troppo convinto se nel frattempo ha preso la dividere presso la sede di Londra la sua attività di Ceo di Piazzetta Cuccia.

Alla fine del 2014 in ogni caso, i riflettori giudiziari su di lui si stanno improvvisamente surriscaldando. Ed è difficile non pensare che sia il primo segnale di un “liberi tutti” al quarto piano del palazzo milanese, dopo i mesi di snervante paralisi attorno allo scontro fra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo (per curiosa coincidenza proprio per via di un “fascicolo dimenticato” sull’Expo).

Il 6 novembre, in sordina, l’assemblea dei tutti i membri della Procura meneghina riunita da Edmondo Liberati è stata interpretata da molti come il passo d’addio di un capo che (di fatto sfiduciato sia dal Csm che dal Consiglio giudiziario di Milano) non verrà riconfermato e sarà collocato in pensione, mentre Robledo sarà probabilmente trasferito. L’anno prossimo a Milano arriverà dunque un nuovo procuratore capo e non è improbabile l’approdo di un autorevole profilo esterno chiamato a ridare normalità al lavoro della più importante Procura italiana. Inevitabile anche immaginare un ridisegno completo degli incarichi fra gli aggiunti (fra i quali oggi compaiono Francesco Greco ai reati finanziari e Ilda Boccassini all’antimafia). Inevitabile anche che questo passaggio segni simbolicamente la fine di un’era nei rapporti fra magistratura, politica, economia: da Mani Pulite in poi.

Non deve quindi sorprendere se un pm come Orsi segnala un “ritorno al lavoro”, fugando da sé ogni lontano sospetto di aver anche lui “dimenticato un fascicolo”, anche se forse suo malgrado. Un magistrato che, probabilmente, vuole anche recuperare tempo nei confronti delle ripetute accelerazioni della Procura di Torino: che sta indagando sugli aspetti aziendali e contabili del dissesto FonSai. Un magistrato che, non da ultimo, propone legittimamente il suo profilo per la futura riorganizzazione del vertice della Procura.

Tutto bene o quasi o forse non del tutto. Vista, ad esempio, dal punto di vista di Renzi, del ministro della Giustizia Andrea Orlando, del neo-presidente del Csm Giovanni Legnini, la vicenda può essere significativa di inquirenti che tengono sotto indagine infinita persone o imprese chiave nell’economia del Paese; oppure di magistrati che lavorano sulla base di criteri di concorrenza interna alla magistratura. Se Nagel si ritrova in una posizione doppiamente scomoda (indagato quasi in attesa di giudizio e “testimonial” per la riforma della giustizia) Orsi ha certamente una chance per dimostrare che la giustizia in Italia sa essere (nuovamente) efficiente ed efficace.