Sergio Luciano ha osservato su queste pagine che Fabrizio Palenzona avrebbe probabilmente fatto bene ad autosospendersi dall’incarico di vicepresidente di UniCredit, dopo l’avviso di garanzia per presunti favoreggiamenti creditizi a un costruttore in odore di mafia. Forse anche il Corriere della Sera, ieri, avrebbe fatto meglio a non riservare un editoriale pieno al caso delle due Popolari del Nordest in difficoltà: a Vicenza e a Montebelluna.  Avrebbe soprattutto potuto fare più attenzione a contrapporre platealmente le crisi bancarie del Triveneto a un preteso “rinascimento di Milano”.

È naturale che un editorialista si basi anzitutto sulle cronache e inchieste pubblicate dal suo giornale. E il Corriere, in effetti, ha dedicato al caso Palenzona meno che scarni riferimenti di cronaca – spesso occupati soprattutto dalle difese dell’interessato – mentre attorno ai travagli di Vicenza e della sua Popolare il quotidiano milanese ha già messo all’opera le sue migliori penne d’affresco, mettendo loro a disposizione intere pagine.

Non ci sono dubbi che le vicende della Popolare di Vicenza e del suo presidente Gianni Zonin abbiano rilievo grave nei recenti annali bancari nazionali: ma non meno di alcuni episodi riferiti dalle cronache degli ultimi giorni su UniCredit, sulla base di materiali investigativi finora mai contestati dalla banca. Per di più la linea informale di difesa adottata da UniCredit porta al Banco di Sicilia, defunto una quindicina d’anni fa. Ed è curioso che, alla fine degli anni ’90, per il salvataggio definitivo di Mediocredito Centrale-Bancosicilia si fosse fatta avanti proprio la Popolare di Vicenza. Poi invece il Banco finì a Capitalia, infine inglobata da UniCredit: assieme, filtra dalla banca guidata da Federico Ghizzoni, alle linee di credito già esistenti e gia forse “anomale” con il gruppo Bulgarella.

La Popolare di Vicenza, comunque, non si scoraggiò e perseguì una propria crescita diretta in Sicilia. I lati oscuri della gestione della Vicenza – su cui sta indagando la magistratura con l’evidente tifo del Corriere – sono comunque cugini primi – come minimo – di quelli indagati dalla procura di Firenze, sulla gestione di UniCredit. E se c’è un modello bancario in crisi in un Nordest supposto declinante, c’è anche nella Milano “rinascente”: dove proprio l’editore del Corriere, in ogni caso, ha ancora bisogno di un occhio di attenzione da parte delle sue banche-azioniste-creditrici per evitare un’onerosa ricapitalizzazione. C’è anche nella Milano in cui sono sotto i fari giudiziari anche i conflitti d’interesse fra banche, media e calcio.

Non bastasse, le ombre su UniCredit si allungano su uno dei simboli plastici della “resurrezione di Milano”. Al di là delle ipotesi investigative strette, Palenzona è finito nel mirino di magistratura e media anche perché è emerso il nuovo coinvolgimento di un assistente personale del vicepresidente, già destinatario di condanne giudiziarie. 

Il collaboratore, pur non essendo dipendente della banca, avrebbe avuto a disposizione un ufficio al trentesimo piano della UniCredit Tower: uno dei grattacieli che hanno ridisegnato lo skyline della Milano dell’Expo.

(P.S.: Se a pensar male ecc., ieri è stato il primo giorno ufficioso della campagna interna a Confindustria per il rinnovo di Giorgio Squinzi. Il mandato quadriennale di ogni presidente scade virtualmente dopo l’ultima convention autunnale dei giovani industriali a Capri. Ora è noto che la “corsa” per viale dell’Astronomia si annuncia incertissima: qualcuno si è preso la briga di contare ventitré nomi fra candidati veri, presunti, nascosti, già ritirati, ecc. Fra questi ve n’è piu d’uno alla guida di associazioni trivenete: più d’uno seriamente intenzionato a correre o addirittura con chance di giungere alla volata finale. E naturalmente non mancano nomi comparsi alle cronache sia riguardo il caso Vicenza che riguardo il caso Veneto Banca. Un tempo, è vero, per metterli fuori gioco non sarebbe stato necessario un editoriale del Corriere della Sera).