Sarà Paolo Mieli il presidente-demiurgo di “Mondazzoli”? Un perfetto leader-centauro fra ventesimo e ventunesimo secolo; fra “sinistra” e “destra”; fra Italia, Usa e Israele. L'(ex) due-volte-direttore del Corriere della Sera è da molti ritenuto l’unico possibile garante, a oggi, di una Cosa che per molti è destinata a recitare da Minculpop del Nazareno: tanto più se l’integrazione fra Mondadori e Rcs Libri andrà oltre romanzi, saggi e bookshop.
Il gossip insistente sul suo ruolo nella riassetto di Mondadori dopo la laboriosa acquisizione di Rcs Libri non fa che sintetizzare gli umori densi attorno a un’operazione molto sfaccettata: di cui, certamente, mugugni, sussurri e grida della società letteraria sono solo una pellicola superficiale. Già forse tacitata dal “salvataggio” di Adelphi: fresca editrice delle memorie di Marella Agnelli, la vedova dell’Avvocato e la nonna di Yaki Elkann.
Sul piano industriale e finanziario, una volta di più, il 78enne Cavaliere del lavoro Silvio Berlusconi si dimostra quello che è sempre stato at large, at best: un imprenditore in servizio permanente effettivo. A triple-B businessman, dicono a Wall Street: brain, bucks and balls (cervello, quattrini e “attributi”). È lo stesso imprenditore che – se non fosse stato premier – si sarebbe messo lui a ristrutturare la Fiat oppure avrebbe fuso Mediolanum con Generali. È uno che tuttora gioca a poker e a scacchi con Rupert Murdoch, tycoon della tv globale, uno che si è comprato il Times e il Wall Street Journal. Eppure, dopo venticinque anni, lo Squalo australiano non ha ancora deciso se il Cavaliere di Arcore è un concorrente da mettere con le spalle al muro (ad esempio sui diritti del calcio di Mediaset Premium) oppure un potenziale alleato ancora prezioso. E chissà se anche la Rai “renziana” – quella che fra pochi mesi avrà in Andrea Campo Dell’Orto il suo plenipotenziario – non riesaminerà il no all’Opa lanciata da Ei Towers su RaiWay.
“Mondazzoli” avrebbe potuto nascere reverse, direbbero i banchieri d’affari: avrebbe potuto essere proposta dalla Grande Erre Verde. L’avrebbe potuto fare la media company di cui si favoleggiava nel 2007, quando ci lavoravano Marco Tronchetti Provera presidente di Telecom, il premier Romano Prodi, Mediobanca, Sky. Invece Rcs si è ritrovata, nell’autunno 2015, a dover negoziare affannosamente con Segrate la cessione dei Libri per non finire in dissesto tecnico: per poter passare – a fatica – attraverso le crune degli aghi dei gruppi bancari creditori. Una Rcs cui è rimasto solo il vecchio Corriere della Sera, al centro di estenuanti giochi di società nell’ultimo trentennio. Ma ora probabilmente destinato a essere “ricollocato” come i Libri: com’è già stata ricollocata Telecom (presso Vincent Bolloré antico partner di Berlusconi); come dovrà essere ricollocata la stessa Rai. Sotto gli occhi attenti – e reciprocamente consapevoli – dei vertici Fiat e di quelli di palazzo Chigi.
Poco più di un anno fa, Ferruccio De Bortoli, direttore uscente del Corriere, attaccò Matteo Renzi con inusitata ruvidezza, tacciandolo di emanare “odore stantìo di massoneria”. Nell’ottobre 2015 la cessione di Rcs Libri a Mondadori – con tutto quello che ne può ancora conseguire – viene annunciata nel victory-day di Denis Verdini, poche ore dopo essere risultato decisivo nello sbloccare la riforma del Senato. (E la Borsa festeggia, “ci crede”: Rcs +5,6%)