La designazione di Tom Mockridge – chief executive di News International – nel nuovo consiglio d’amministrazione di Rcs è più certa e pesante della candidatura di Sarah Varetto – direttore di SkyTg24 – alla guida dello stesso Corriere della Sera. Entrambi, tuttavia, confermano quanto Rupert Murdoch resti il convitato di pietra di ogni tentativo di riassetto del sistema media in Italia. Un riassetto che stavolta in qualche direzione sembra destinato a muoversi: a dispetto dell’ennesima “falsa riforma” della Rai partorita l’altra sera dal governo Renzi.
Da quando il gruppo australiano è divenuto monopolista della tv satellitare in Italia (fu Mockridge a fondere Stream e Tele+ nel 2002), Sky si è sempre presentata al tavolo nei rari momenti in cui la foresta pietrificata dei media italiani è parsa scossa da qualche vento di reale cambiamento. C’è la candidatura di Murdoch – tacita ma permanente – a intervenire in Mediaset (o con Mediaset) qualora Silvio Berlusconi decidesse di cambiare assetti e strategie della sua metà del duopolio della tv tradizionale. Ma il passaggio in cui il mogul australiano è sceso in campo con maggior determinazione è stato nel 2006.
Il “piano Rovati” (poi abortito per eccesso di tatticismo da parte del premier Romano Prodi) prevedeva che Telecom – alleggerita di Tim e della rete fissa ceduta allo Stato per essere modernizzata – si trasformasse in una media company. Sky avrebbe dovuto esserne partner industriale e il ruolo di Pirelli (azionista di riferimento di Telecom e socio stabile di Rcs) sembrava indicare un’opzione strategica di grande interesse. Forse addirittura “troppo” interessante.
Forse anche per questo alla fine Prodi si tirò indietro, dopo una concitata notte di colloqui segreti durante il workshop di Cernobbio. Troppo pericoloso allora – per Ds-Margherita e per la “duopolista” Forza Italia – far nascere un super-polo media “terzo”, con il Corriere agganciato a Sky e a una Telecom risanata nei debiti lasciati dall’Opa Colaninno. Pericoloso anche per un Prodi da sempre legato all’establishment finanziario del nord, imperniato su Intesa Sanpaolo e UniCredit.
Non è detto che la stessa cautela abbia spinto anche Renzi, rottamatore iperattivo, a soprassedere – almeno per ora – su una vera riforma della legge Gasparri: passaggio che avrebbe dovuto segnare l’inizio di una seconda fase della sua premiership.
Mockridge è stato chiamato nel board Rcs da Yaki Elkann, che da due anni siede nel consiglio di NewsCorp, la capogruppo dell’impero Murdoch. Nel 2015 si è semplicemente chiuso uno scambio di cortesia fra big della finanza internazionale? O si sta aprendo un capitolo nuovo?
Il gruppo Fiat sta procedendo nella sua ristrutturazione globale. Le voci di nuove operazioni straordinarie per Fca sono alle cronache di questi giorni e con esse le congetture sulle strategie di Exor, holding della famiglia Agnelli: che certamente punta a “trattenere” la Ferrari e – prevedibilmente – anche gli asset editoriali (La Stampa-Secolo XIX e la prima quota in Rcs). E questi ultimi sono inevitabilmente destinati a essere giocati nel risiko della media industry: nel quale, fra l’altro, Murdoch è stato il primo a misurarsi duramente con la galassia web.
È un caso che – in questi giorni – sia di nuovo sotto i riflettori il riassetto della stessa Telecom, lo scorporo della sua rete e l’intervento di investitori stranieri? È un caso che il candidato all’ingresso in Telecom sia – nome e cognome – Vincent Bolloré, grande azionista di Mediobanca e antico partner della galassia Fininvest tramite Tarak ben Ammar? È un caso che – in questi stessi giorni – il governo sia sotto forte pressione da Mediaset via Opa Ei Towers su Rai Way?
C’è troppo disordine sotto il cielo per cambiare “al buio” la Rai e la legge Gasparri. È troppo rischioso anche per un allievo spregiudicato di Prodi come Renzi: che con gli Agnelli, i Murdoch e i Bolloré giocherebbe volentieri come del resto non disdegnava fare il vecchio presidente dell’Iri. Ma non sacrificando per primo la “sua” Rai e il suo golden power di regolatore ultimo. Come dopo la zampata di Mediaset sulle torri, Palazzo Chigi – sopportando qualche danno d’immagine – attende che il mercato faccia le mosse successive: chi sarà il padrone di Rcs e di Telecom? Con quali capitali? Con quali strategie? Con quale ruolo per il Grande Fratello Murdoch?